BRUXELLES – Cacciata dal Belgio perché con i suoi 38 anni senza un posto di lavoro era un peso per il welfare. Cacciata nonostante abbia un figlio di 8 anni. Soprattutto cacciata da un paese della Ue, il Belgio, nonostante sia cittadina di un altro Paese della Ue, l’Italia.
E’ la storia raccontata da Silvia Guerra, 38 anni e un figlio di 8, su cui pende un decreto di espulsione con tanto di firma del sottosegretario all’immigrazione. Conseguenza di una svolta, dura, anti immigrazione decisa dal Belgio. Alla faccia della libera circolazione. Il premier Elio Di Rupo, socialista di origini italiane, non va per il sottile e ha limitato l’applicazione della direttiva europea sulla libera circolazione dei cittadini europei.
Il Belgio applica un regime tutto suo che prevede che ogni straniero, anche se comunitario, deve avere un reddito sufficiente per provvedere al suo soggiorno. In caso contrario viene considerato un «peso indebito per lo Stato sociale» e dopo tre mesi può essere espulso.
C’è finita di mezzo Silvia Guerra. Come lo racconta su Repubblica Anais Ginori:
La “clandestina” espulsa è un’italiana. Silvia Guerra, nata a Bologna trentotto anni fa, viveva in Belgio, assunta come artista di strada in una compagnia di giocolieri. «Sono stata ingannata, mi avevano detto che il mio contratto era regolare», spiega adesso Silvia, che non accetta di essere trattata come “parassita” dello Stato. Nonostante sia una cittadina comunitaria, si ritrova nella stessa situazione di tanti immigrati sbarcati da paesi non membri dell’Ue. «Dicono che la mia permanenza è stata troppo breve — continua — ma vivo in questo paese dal dicembre 2010, ho seguito le normali procedure ». Anche il piccolo Ennio, il figlio di otto anni che frequenta la scuola elementare a Bruxelles, deve andarsene. «Le autorità mi hanno risposto che anche lui non è davvero integrato».
I commenti sono chiusi.