MADRID – Ci sono paesi in cui dimettersi non è un’onta, anzi. Se si agisce male si va via. Anche se non si è proprio direttamente responsabili. Ma se qualcuno deve pagare, paga. In Spagna, come in Giappone con Seiji Maehara, o in Germania con Carl Theodor zu Guttenberg, si fa così. E dopo la minaccia di Moody’s di tagliare il rating spagnolo, a cui è seguito un balzo dello spread oltre i 350 punti, il premier socialista José Luis Rodriguez Zapatero ha annunciato che non solo nel paese ci saranno elezioni anticipate al 20 novembre, dal marzo 2012 previsto, ma anche che lui non si ripresenterà.
Già in passato Zapatero aveva reso noto che non si sarebbe ricandidato: “Due legislature alla guida della Spagna sono sufficienti”, aveva detto. Del resto i sondaggi non gli davano il favore degli elettori. Il partito socialista aveva così deciso di presentare il ministro degli Interni Alfredo Perez Rubalcaba, già dimessosi dalla carica per preparare la campagna elettorale. Per Rubalcaba non sarà una passeggiata, considerato che l’avversario del Partito Popolare (di centrodestra) Mariano Rajoy è dato per favorito.
In ogni caso, la sfida è stata anticipata. Il paese ha bisogno di una leadership forte, e Zapatero ha deciso di farsi da parte prima del tempo. Ha assicurato che da tempo pensava a questa soluzione. Ha detto di aver deciso di comunicare la data per “proiettare una certezza politica e economica”.
“È necessario che il governo che esce dalle urne sia pronto ad affrontare già dal primo gennaio la situazione economica e ridurre il deficit e le responsabilità del Paese”, ha spiegato Zapatero. Insomma, cambiare tutto perché qualcosa cambi. Fuori dall’Italia succede.