ROMA – Aboliamo i senatori a vita. Il caso Monti, la campagna di Libero.
Mario Monti e Carlo Azeglio Ciampi sono gli ultimi due rimasti (nel giro di un anno sono morti Sergio Pininfarina, Rita Levi Montalcini, Giulio Andreotti). Pochi giorni fa è morto anche Emilio Colombo, senatore a vita, seguito da Margherita Hack, da almeno un decennio papabile al laticlavio parlamentare che può essere conferito per nomina come Monti o per diritto, essendo una prerogativa degli ex presidenti della Repubblica, come Ciampi. Sta al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, sorprendentemente scampato a un destino di senatore a vita perché per la prima volta la Repubblica ha concesso il bis, disporre una nuova infornata di senatori a vita o, temporeggiare e rinunciare alla tentazione, magari in attesa che il Parlamento tagli anche questa carica, da più parti giudicata almeno anacronistica.
Così la pensa sicuramente Libero Quotidiano che prima con Mario Giordano (domenica 30 giugno) poi con Gianluigi Paragone (2 luglio) ha proposto una vera e propria campagna per l’abolizione dei senatori a vita. L’ultimo colpo alla credibilità dei senatori a vita e alla dignità della funzione è, secondo Libero, riscontrabile nell’atteggiamento del professor Monti, gratificato della nomina un minuto (in che modo ha illustrato la storia patria?) prima di essere incaricato di formare il governo dei tecnici. Oggi si permette di minacciare il governo Letta dall’alto di un seggio parlamentare che gli è stato regalato. E’ una carica inutile, argomentano in coro i due giornalisti, che in tempi di crisi è la prima da tagliare; così evitiamo, per giunta, che un altro, indicato come super partes, diventi un capo partito.
Di parlamentari ne abbiamo già quasi mille, sono troppi. Non c’è bisogno di distribuire altre onorificenze. E soprattutto non c’è bisogno di distribuire altri stipendi. Sono sicuro che gli italiani apprezzerebbero molto. Margherita Hack, da lassù, pure. E Benigni e Jerry Calà, pazienza, se ne faranno una ragione. (Mario Giordano, Libero, 30 giugno)
Senza che qualcuno se la prenda a male, magari proprio per preservarne immagine e carriera, la lista di chi aspira all’onorificenza è davvero troppo lunga, un po’ troppo esposta al vento effimero della popolarità e meriterebbe una bella sforbiciata.
Da Benigni a Camilleri, da don Ciotti ad Abbado, da Morricone a Rodotà, circolano in rete le candidature più improbabili. C’è persino chi suggerisce Franca Valeri, Gianni Morandi, Fantozzi o Raffaella Carrà. Ma sicuro: e allora perché non Fiorello, er Piotta, Red Ronnie o il Pulcino Pio? Non meritano una chance anche Topo Gigio e Vito Catozzo? Che ne dite di Mara Maionchi o Jerry Calà? Siamo seri: l’istituto del senatore a vita è stato progressivamente sputtanato. (Mario Giordano, Libero, 30 giugno)
Tuttavia, anche le candidature dichiaratamente politiche, di più, sfacciatamente partigiane, erodono alla radice ogni possibile riserva di saggezza e affidabilità spendibile nel governare le controversie.
Domando, davvero i prossimi papabili sono Prodi e Berlusconi? Suvvia, sarebbe una presa in giro enorme, costoro di terzietà non hanno alcunché. Si potrebbero fare altri nomi? E perché mai scusate? Perché dobbiamo trasformare dei simboli di vera italianità in parlamentari, ovvero in figure che per la stragrande maggioranza degli italiani sono sinonimo di casta e privilegiati? Gente di scienza, di arte, di moda, di cultura perché dovrebbero entrare in un pantheon di cartapesta? Molto meglio essere osannati per quel che si è davvero…(Gianluigi Paragone, Libero 2 luglio)
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