ROMA – Con la rottura del Patto del Nazareno ribadita ieri da Berlusconi (“FI voterà no alle riforme domani”) e con la minoranza Pd pronta a dare battaglia (ma non è compatta) inizia domani 10 marzo, con il voto a Montecitorio sulla riforma costituzionale, inizia il percorso ad ostacoli del Governo. Matteo Renzi è invece deciso a rispettare l’agenda riformista incentrata sulle delicate partite del ridimensionamento del Senato e della nuova legge elettorale. Intanto il Movimento 5 Stelle ha annunciato che domani i suoi deputati usciranno dall’Aula e non parteciperanno al voto.
Talmente deciso Renzi da ricordare nella sua e-news di ieri che alla fine dell’iter parlamentare (4 letture) sulla riforma costituzionale, vada come vada, comunque a decidere saranno chiamati i cittadini convocati per un referendum nel 2016: “Sarà il popolo a dire se le riforme Costituzionali vanno bene o no”.
In realtà evoca il plebiscito contro il bicameralismo che tra un anno potrebbe segnare la sconfitta di tutti gli attuali frenatori. Quindi, «sovranità al popolo» è una leva formidabile per far capire che la partita si giocherà su un piano più elevato comunque vadano le cose. (Carlo Bertini, La Stampa)
Nelle prossime settimane una serie di appuntamenti metteranno alla prova la tenuta della maggioranza. Soprattutto il voto a maggio sull’Italicum (la legge elettorale) sempre a Montecitorio e poi la Giustizia (anti-corruzione) e i temi etici (unioni civili) costituiranno ognuno una possibile trappola.
Per domani i renziani vengono descritti sereni, i voti contano di averli. Possono sperare peraltro di pescare tra i deputati di Forza Italia tentati di disubbidire a Berlusconi: hanno contribuito alla scrittura della riforma, non se la sentono di rimangiarsi tutto per la necessità di Berlusconi di stringere accordi o patti di non belligeranza con la Lega in vista delle regionali imminenti (arriveranno prima del voto sull’Italicum).
Anche la minoranza Pd è tutt’altro che granitica: Civati e Fassina i più critici con Renzi, mentre Bersani conserverà per l’Italicum le migliori energie per tentare modifiche (specie sui capilista) anche se Renzi ha precisato che quella è una terza lettura parlamentare di ratifica del già acquisito. Senza contare che l’arma migliore a disposizione del governo è che davvero nessuno, in primis gli italiani, vuole andare a nuove elezioni.
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