Berlusconi vince perché…Perché è simpatico, perché è abile, perché sa fare comunicazione, perché ha in mano la televisione, perché non c’è alternativa, perché l’alternativa che c’è stata ha fatto fiasco, perché c’è un piccolo Berlusconi in ogni italiano… Per tanti perché che ogni giorno sono nei giornali italiani e stranieri e compaiono in parole e pensieri dell’Italia che discute e chiacchiera di politica. Tra i tanti, tantissimi perché però ne manca uno. Uno bello grosso e forte: Berlusconi vince perché spende.
Governa da un anno e in un anno la spesa pubblica “corrente”, cioè i soldi che la mano pubblica immette nelle tasche degli italiani, non tutti ma quasi, è cresciuta di 21 miliardi di euro. Ventun miliardi di spesa in più. Non per fare ponti, strade, laboratori, aziende. No, 21 miliardi cash, usciti dal portafoglio pubblico e destinati ai privati portafogli. Ventun miliardi in più spesi da uno Stato tra i più indebitati del mondo nel pieno della crisi economica peggiore da quasi un secolo.
Quattro dei ventuno miliardi di spesa aggiuntiva hanno avuto la forma di stipendi: più stipendi e stipendi aumentati, quelli pubblici. Da 171 a 175 miliardi la spesa per stipendi tra il 2008 e il 2009. Scontiamone due per dinamica inflattiva, ne restano tre proprio di maggior spesa. Berlusconi e il suo governo dunque per gli stipendi pubblici hanno speso di più di prima.
Altri cinque dei ventuno sono di maggior spesa per “consumi intermedi”, cioè quello che l’Amministrazione Pubblica spende per funzionare. Sono soldi che vanno ai fornitori, alle aziende, ai professionisti. Da 128 a 133 miliardi tra il 2008 e il 2009. Nonostante i lamentati, programmati e annunciati tagli, tre miliardi al netto dell’inflazione spesi in più dalla mano pubblica per pagare aziende e imprese.
Nove miliardi in più di spesa per le pensioni: da 223 a 232. Diciamo che qui il governo non c’entra: aumentano i pensionati e aumenta la spesa. Ma il governo c’entra eccome nei quattro più quattro miliardi in più di spesa per “altre prestazioni sociali” (da 54 a 58) e per “altre spese correnti” (da 57 a 61). Rileggiamo: quattro, più cinque, più nove, più quattro, più quattro fa 26 miliardi di spesa aggiuntiva. E allora perché 21? Perché cinque miliardi il governo li ha guadagnati spendendo di meno per pagare gli interessi sul debito (effetto calo dei tassi). Somma e sottrai, fanno appunto 21 miliardi immessi nelle tasche degli italiani.
Quali italiani e soprattutto come? A Palermo quasi 230 milioni di euro per pagare i debiti e gli stipendi della municipalizzata che male pulisce la città ma molta gente impiega e remunera. A Catania 150 milioni per mantenere in piedi la rete di assunzioni e iniziative che avevano portato il Comune alla bancarotta. A Roma 500 milioni per pagare, tra l’altro, l’inefficiente sistema di trasporti urbano. E 14 milioni a Parma per l’Autorità europea della sicurezza alimentare e 12 milioni per la società di navigazione dei laghi Como, maggiore e Garda. E 49 milioni per la Tirrenia che è l’Alitalia del mare, anzi peggio. Sono solo esempi, maglie di una rete che avvolge tutta la penisola. Una rete di spesa che tiene in piedi molte cose: aziende, stipendi, consulenze, consenso e governo.
Berlusconi vince perché spende, l’Italia più o meno incassa. Qual è dunque mai il problema? Che c’è mai di strano nel fatto che Berlusconi voglia spendere ancora di più e abbia appena chiesto a Tremonti di trovare altri miliardi per il Sud? Un paio di problemi ci sarebbero. Il primo è che è spesa “corrente”, cioè soldi che alleviano il presente ma non costruiscono futuro. Sul futuro infatti la spesa pubblica diventa avara, avarissima. E’ spesa all’insegna del pochi (meglio molti), maledetti (diciamo invocati) e subito. Il secondo problema è che è spesa immemore del passato: il nostro debito pubblico che prima o poi qualcuno dovrà cominciare a pagare. Nessuno Stato può vivere in eterno col 120 per cento di debito sulla ricchezza prodotta. Anche se quello Stato, anche se quella “gente” lo vuole e lo vota, il resto del mondo lo impedisce, semplicemente non garantendo più per il suo debito. Ma passato e futuro interessano poco la pubblica opinione: oggi è oggi, il resto… E oggi è Berlusconi che spende, il resto, tutto compreso, proprio tutto, è un perché ma non il vero perché.
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