ROMA – Si taglieranno lo stipendio del 30%, da 13.500 a 9.500 euro netti circa. Rinunciano agli appartamenti che pure spetterebbero loro. Vogliono far lavorare i parlamentari 5 giorni a settimana, come lavoratori qualunque, visto che fino a oggi la mini-settimana degli onorevoli è stata prassi accettata. Laura Boldrini e Pietro Grasso, nuovi presidenti di Camera e Senato, hanno annunciato un revisione profonda delle spese dei due rami del Parlamento.
Oltre ai loro stipendi e case pensano ad altri obiettivi, nobili ma difficilmente attuabili sugli onorevoli appena eletti: tagliare fino al 50% le “spese relative al trattamento economico complessivo”, ovvero lo stipendio; tagliare del 30% i soldi che vanno ai parlamentari con cariche interne; “invitare” i dipendenti di Camera e Senato a darsi una sforbiciata del 30% a stipendi e pensioni. Tagli di questo genere non sono da certo da oggi nell’agenda di un governo, ma chiunque abbia provato a metterli in pratica sa che, per legge, non si può ridurre, unilateralmente, il trattamento economico di un dipendente.
E così, come la riforma delle pensioni dei parlamentari firmata Fornero è stata fatta a beneficio degli eletti di questa legislatura (e non di quella all’epoca in corso), è possibile che i tagli che Boldrini e Grasso vorranno attuare toccheranno gli onorevoli di domani. Oltre a questo, i nuovi presidenti hanno però messo giù qualche altra idea per ridurre le spese. Ad esempio cancellare le spese di rappresentanza e ridurre del 50% le dotazioni delle segreterie. E, soprattutto, eliminare tutti i rimborsi forfettari e darli solo a piè di lista, dietro presentazione di documenti motivanti e quindi scontrini.
Novità anche per i collaboratori dei parlamentari, i portaborse storicamente in nero: per avere i soldi l’onorevole dovrà presentare il contratto di assunzione dell’assistente.
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