Umberto Bossi è stanco. Lo ha detto, tra le righe, lo stesso leader leghista durante il comizio di domenica 12 settembre a Venezia. Con la voce affaticata e i gesti più compassati del solito, Bossi, dopo aver raccontato al suo popolo che per il federalismo è “fatta” si è lasciato andare ad una piccola confessione: “Il tempo passa, l’altro giorno in montagna avevo il fiatone”. Solo un istante, un piccolo momento di cedimento prima di dare il via alla cerimonia dell’ acqua e ricordare alle camicie verdi che tanto c’è ancora da fare e le “battaglie” non mancheranno.
Il Senatur, 69 anni, l’11 marzo del 2004 fu colpito da un ictus. Tornò alla vita pubblica sei mesi dopo, in compagnia, per la prima volta del figlio Renzo. Da allora, dal punto di vista politico, nulla è apparentemente cambiato. La Lega si è rafforzata e ad oggi è ai massimi del suo consenso e la leadership di Bossi appare teoricamente indiscutibile. Guai, quindi, a parlare di successione. Almeno ufficialmente. Bossi per la lega e il leghismo è un’icona forse di più di quanto lo sia Berlusconi per il Pdl.
Di fatto, però, dai mesi successivi alla malattia Bossi è costantemente “accompagnato”. I leghisti, scrive sulla Stampa Michele Brambilla, lo chiamano il “cerchio magico”: un gruppo di consiglieri fidati che fanno da scudo al leader leghista ed evitano gli eccessi di stress. Tra i “bodyguard” c’è la moglie, Manuela Marrone, il capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni, il capogruppo al Senato Federico Bricolo e Rosy Mauro, sindacalista leghista. Di recente, scrive sempre la stampa, la pattuglia si è arricchiata di un quinto elemento, il giovane Francesco Belsito.
Sia chiaro: Bossi detta la linea in solitario. Cambia idea spesso e repentinamente, basti pensare al balletto sul voto subito dell’ultima settimana. Ma è una cosa che ha sempre fatto e comunque fa parte del gioco della politica. Gli anni, però, passano anche per il Senatur.