ROMA – Le dimissioni le ha messe sul tavolo e ora la Lega scivola, precipita nel vuoto. Comunque si muova il Consiglio Federale leghista, ammesso che sia in grado di muoversi mentre è sotto choc e di fatto privo della guida di sempre, la storia politica di Umberto Bossi si è infranta e spezzata. Ha urtato contro lo scoglio aguzzo di quelle registrazioni telefoniche ora di dominio pubblico in cui Francesco Belsito, tesoriere del partito e Nadia Dagrada, “impiegata amministrativa” si raccontano del figlio Renzo, del figlio di Bossi che “frequenta peggio di Cosentino”, peggio di uno sospettato di rapporti con i casalesi. Incolmabile la falla di credibilità che quelle telefonate aprono: “Devi dirgli che se aprono le carte si scopre che c’è di mezzo sua moglie e i suoi figli”. Devastante l’urto con la nota spese intestata “The Family” trovata nella cassaforte di Belsito. Tremendo l’impatto delle carte che parlano di “soldi neri” tra Bossi e il partito e degli assegni trovati con l’intestazione Umberto Bossi.
Doveva esser questione a Via Bellerio della nomina di un nuovo tesoriere, è diventata questione di un nuovo segretario di partito. Anzi forse di un nuovo partito perché quello che c’è, la Lega che conosciamo è terremotata fin dalle fondamenta. Bossi getta le dimissioni sul tavolo e getta la spugna con una scelta che dichiara “irrevocabile”. Per la Lega è un annuncio di disperazione e di possibile dissoluzione. Tramonta nel peggiore dei modi la parabola politica dell’uomo che inventò la “Padania” e che fino a pochi mesi fa deteneva le chiavi del governo in cui era ministro delle Riforme. Si dissolve l’immagine della “diversità” leghista riguardo alla “Casta ladrona”. Viene sepolta ogni possibilità di riportare in campagna elettorale il mito e la narrazione del partito anti-partiti. Il vertice della Lega, la famiglia Bossi e Bossi in persona hanno consentito che il denaro pubblico fosse usato e distribuito come cosa privata. Della Lega che fu restano solo macerie, una sorta di triumvirato di salute pubblica, Maroni, Calderoli e Dal Lago, e la nomina di Umberto Bossi come presidente del partito, viene innalzato come fragile schermo. Non basterà: l’onda lunga del crollo di Bossi è solo al suo primo passo, ingrosserà fino a diventare lo tsunami della Lega.
I commenti sono chiusi.