Martedì 5 il giorno del giudizio per La Russa. Sarà “censurato” per il “vaffa” a Montecitorio?

Ignazio La Russa (foto Lapresse)

ROMA – Potrebbe essere una ”durissima lettera di censura” la sanzione che i deputati questori di Montecitorio sarebbero intenzionati a proporre nei confronti del ministro della Difesa all’ufficio di presidenza della Camera convocato domattina5 aprile alle 9 per gli insulti di Ignazio La Russa, al scorsa settimana in Aula, nei confronti del presidente Gianfranco Fini.

La proposta, che non sarà formalizzata fino a domattina, dovrà comunque essere vagliata dall’ufficio di presidenza, cui spetterà l’ultima parola sulla sanzione da irrogare nei confronti del ministro. L’ufficio di presidenza, comunque, ha in qualche modo le mani legate: se infatti potrebbe sanzionare La Russa in quanto deputato, non può sospenderlo dai lavori visto che è ministro e che la Costituzione prevede la partecipazione ai lavori d’Aula dei membri del governo.

Trattandosi di una fattispecie assolutamente inedita non è attualmente prevista una sanzione per i ministri che siano anche parlamentari o tecnici. Per questo il presidente della Camera, che ha dato mandato a due componenti della Giunta di lavorare ad una modifica regolamentare, giovedi’ scorso aveva spiegato: ”sottrarre i deputati membri del governo al complesso delle regole e degli obblighi per assicurare l’ordinato e corretto funzionamento della Camera finirebbe per realizzare per essi uno statuto rafforzato sul piano parlamentare determinando nei fatti per essi una sorta di immunità nel linguaggio e nei comportamenti che non spetta agli altri deputati.

In ogni caso, domani la decisione verrà assunta sulla base del regolamento in vigore. Per la sola censura di La Russa, senza sospensione dai lavori o dalle votazioni, si era espressa la maggioranza nell’ultima riunione sulla vicenda dell’ufficio di presidenza di Montecitorio. La censura sarebbe in linea con i due precedenti di sanzioni irrogate in passato per componenti del governo che però non erano ministri. Si tratta, in particolare, di Paolo Cento (ebbe la censura) e di Vittorio Sgarbi (si beccò un richiamo all’ordine).

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