Cécile Kyenge non fa sconti, difende la legalità come valore assoluto e non negoziabile, non cede alla retorica e a sentimentalismi buonisti e dice:
“”Il degrado non possiamo accettarlo come Paese. Anche perché abbruttisce, rende le persone peggiori. In molti campi rom c’è un sistema legale parallelo, non c’è la legge italiana, ma vige la legge del più forte. Ciò espone i più deboli, specie donne e bambini, alla ingiustizia e alla violenza. Non possiamo restare indifferenti”.
Sa, per esperienza diretta del suo Paese, il Congo, quanta rovina e dolore porti una endemica illegalità. Se i politici italiani leggessero un giornale straniero, avrebbero un’idea più precisa degli orrori che sono alla base delle parole di Cécile Kyenge.
Da quando è ministro, con una accelerazione nelle ultime ore, ha rivelato uno spessore umano e politico ben superiore alla media, certo frutto di una esperienza di vita ben diversa da quella da serra ben riscaldata in cui sono cresciuti i politici italiani, non solo nelle reazioni agli insulti di Roberto Calderoli, ma anche nelle cose dette durante la intervista rilasciata a Libero,
Oltre ai temi di politica italiana, nella intervista con Paolo Emilio Russo, Cécile Kyenge risponde anche a domande come:
“È giusto il rimpatrio dei clandestini che commettono reati?”
e risponde:
“Chiunque commetta un reato deve essere sanzionato. Vale anche per i clandestini. Ma rifiuto l’equazione “clandestino” uguale reato”.
Facile replicare a banalità come questa:
“Giacomo Stucchi, presidente (leghista) del Copasir, dice che lo ius soli aumenterebbe il rischio-terrorismo: le cellule si annidano tra le seconde generazioni”
dicendo:
“Non vedo alcuna correlazione”.
Cècile Kyenge avrebbe potuto andarci giù più pesante ricordando che per anni la vita italiana è stata torturata dal terrorismo e che la maggior parte dei terroristi erano intellettuali e borghesi ben radicati nel suolo italiano, proprio nelle zone dove la Lega è poi prosperata.
Paolo Emilio Russo ricorda che i rom a Milano rifiutano di utilizzare le “case mobili attrezzate, moderne e climatizzate”, messe a disposizione della comunità rom dal sindaco di Milano Giuliano Pisapia.
Risponde Cècile Kyenge:
“Io non so quante siano le persone che non hanno voluto queste case. Certamente non è un atteggiamento utile, né costruttivo. Evidentemente vogliono evidenziare un dissenso, rifiutano una nuova vita”.
Incalza Russo:
“È anche un rifiuto della legalità, però, non crede?”
Risponde Cècile Kyenge con le parole in parte giù riportate:
“Il degrado non possiamo accettarlo come Paese. Anche perché abbruttisce, rende le persone peggiori. In molti campi rom c’è un sistema legale parallelo, non c’è la legge italiana, ma vige la legge del più forte. Ciò espone i più deboli, specie donne e bambini, alla ingiustizia e alla violenza. Non possiamo restare indifferenti. Sono consapevole che le difficoltà sono molte, ma serve che quelle case vengano utilizzate, anche creando un percorso di accompagnamento. Il Comune saprà affrontare e risolvere il problema”.
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