ROMA – La Chiesa cattolica dà il nulla osta e consegna Silvio Berlusconi alla storia. A pronunciare il discorso che decreta il definitivo accantonamento “affettivo” del presidente del Consiglio, nel pomeriggio di lunedì 26 settembre, è Angelo Bagnasco.
Il presidente della Conferenza Episcopale Italiana non ha neppure bisogno di nominare il premier: quando inizia il suo discorso davanti al consiglio permanente dei vescovi, è da subito evidente che parla di Berlusconi. Bastano poche parole per capire che tira aria di “scarico”: ”I comportamenti licenziosi e le relazioni improprie sono in se stessi negativi e producono un danno sociale a prescindere dalla loro notorietà. Ammorbano l’aria e appesantiscono il cammino comune”.
Poi i due passaggi che licenziano Berlusconi. Prima Bagnasco sottolinea che “c’è da purificare l’aria, perché le nuove generazioni, crescendo, non restino avvelenate”. Subito dopo il presidente Cei invoca un gesto nobile: ”Quando le congiunture si rivelano oggettivamente gravi, e sono rese ancor più complicate da dinamiche e rapporti cristallizzati e insolubili, tanto da inibire seriamente il bene generale, allora non ci sono né vincitori né vinti: ognuno è chiamato a comportamenti responsabili e nobili. La storia ne darà atto”. Tradotto, senza eccessivo sforzo ermeneutico, significa che per Berlusconi è ora di farsi da parte, il solo modo per uscire un po’ meno sconfitto da tutta la situazione.
Per chi avesse ancora qualche dubbio sul destinatario della prolusione, Bagnasco piazza un ultimo affondo: “In questi anni (non è mai mancata, ndr) la voce responsabile del Magistero ecclesiale che chiedeva e chiede orizzonti di vita buona, libera dal pansessualismo e dal relativismo amorale”.
Il colpo, per la maggioranza, è duro. Per diversi minuti, dopo le parole del presidente Cei, le agenzie non battono nessuna replica da esponenti del Pdl o del governo. Qualche ora dopo Fabrizio Cicchitto invita a non “banalizzare e strumentalizzare” le parole del presidente Cei. Un altro esponente del Pdl, Osvaldo Napoli, la butta sul teologico e parla di “giusta condanna del peccato” da parte della Chiesa. Sull’eventuale peccatore, però, neppure un cenno. Carlo Giovanardi, tra Dio e Cesare, sceglie il primo: “Credo che ogni cattolico, e ogni laico preoccupato del bene comune, possano ritrovarsi pienamente nelle considerazioni svolte dal cardinale Bagnasco, che sono in sintonia con i valori che la Chiesa non si stanca di difendere e di diffondere”.
Sul fronte dell’opposizione le reazioni arrivano soprattutto dal Terzo Polo e dall’area cattolica del Pd. Gianfranco Fini invita a “tenere in considerazione il monito” di Bagnasco mentre secondo Beppe Fioroni “un’Italia che vuole uscire dalla crisi” trova nei valori cattolici espressi da Bagnasco “vero sale e vero lievito”.
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