ROMA – Decreto lampo in 12 ore. In 12 ore il governo ha provato a risolvere il problema Colosseo: adesso musei e siti artistico-archeologici sono equiparati ai servizi pubblici come i trasporti e quelli sanitari. Servizi che non si possono interrompere, almeno nelle città ad alta densità turistica (come Roma), perché ritenute appunto di pubblica utilità.
Tutto inizia la mattina del 18 settembre quando i turisti arrivano al Colosseo e ai Fori imperiali, si mettono in coda e notano un cartello: “Chiusura per sciopero sindacale dalle 8,30 alle 23”. Cartello in inglese sbagliato a parte, i cancelli sono rimasti chiusi per sole tre ore al mattino. Quel tanto che basta a creare un disservizio per i turisti e scatenare la furia del ministro Franceschini, che annuncia una vertenza, e con il premier Renzi che su Twitter tuona: “Non lasceremo la cultura ostaggio di quei sindacalisti contro l’Italia. Oggi decreto legge #Colosseo#lavoltabuona”.
Una risposta alla minaccia dei sindacati, che dopo la sfuriata di Franceschini avevano risposto al governo per le rime annunciando che uno sciopero nazionale potrebbe essere alle porte. A parlare di sciopero è Meloni della Cgil: “La vertenza sui beni culturali potrebbe portare ad uno sciopero nazionale e le dichiarazioni odierne del ministro Franceschini certo non aiutano. Cgil,Cisl e Uil hanno già avviato le procedure previste dalle legge”.
A rincarare la dose è la Camusso, che risponde a Franceschini ribadendo che essere un servizio essenziale non significa non poter fare scioperi o assemblee: “E’ uno strano Paese quello in cui un’assemblea sindacale non si può fare. Capisco fare attenzione in periodi di particolare presenza turistica, ma se ogni volta che si fa un’assemblea si dice che non si può, si dica chiaramente che non ci possono essere strumenti di democrazia”.