E’ arrivato “l’incidente” istituzionale. Non proprio un conflitto ai massimi livelli tra istituzioni ma quasi. Non proprio l’incidente parlamentare che scriverà la parola fine sul governo, ma qualcosa che può pure essere l’occasione, dettata più o meno dal caso. Il Consiglio Superiore della Magistratura, o meglio una sua commissione, ha valutato e deciso che il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi “ha leso il prestigio dell’ordine giudiziario e del pubblico ministero del processo Mills, Fabio De Pasquale, per i giudizi pronunciati in occasione del suo intervento alla festa del Pdl a Milano”. E’ questa la conclusione alla quale è giunta a maggioranza la Prima Commissione del Csm che, con il voto contrario del laico della Lega Matteo Brigandì, ha deciso di procedere con “un intervento a tutela” del magistrato milanese.
Intervento a tutela che chiama in causa Napolitano, presidente della Repubblica e presidente dello stesso Csm. Intervento a tutela che chiama le istituzioni a schierarsi. Berlusconi aveva più volte sostenuto che molti pubblici ministeri e quello del processo Mills in particolare letteralmente inventano ipotesi di reato a suo carico. Fabio De Pasquale è stato da Berlusconi definito “famigerato”, in un discorso in cui il premier parlò di “associazione a delinquere nella magistratura” e notò che tre diversi collegi “hanno asseverato la tesi del pm dimostrando quindi che c’è un accordo tra i giudici di sinistra che vuole sovvertire il risultato delle elezioni”. Adesso il Csm dichiara intollerabile questa opinione che opinione solo non è venendo dal presidente del Consiglio dei ministri.
Di certo qualcosa che politicamente appesantisce una giornata politica già livida per la maggioranza e il governo. Il vertice della Lega, silente e muto verso la stampa. E poi l’incontro tra lo stato maggiore della Lega e Berlusconi. Anche qui nessuna dichiarazione. Se non un lapidario “Avanti con l’azione di governo” che più che come proposito o sfida suona come segnale di battaglia inevitabile e imminente. Silenzi nervosi che promettono tempesta. E infine l’incidente istituzionale. Spira aria, anzi soffia forte vento di crisi.
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