ROMA – L’accusa è pesante: aver chiesto aiuto, “avvalendosi dell’autorità derivante dal proprio ruolo istituzionale”, all’allora presidente della Banca popolare di Milano Massimo Ponzellini perché attraverso suoi contatti inducesse il consigliere laico del Csm Ettore Adalberto Albertoni (Lega) a sostenere la sua nomina a procuratore di Catania.
E rischia di gettare un’ombra a fine carriera su uno dei magistrati più noti anche ai non addetti ai lavori: il procuratore generale di Catania Giovanni Tinebra, che ha guidato a lungo la procura di Caltanissetta, da dove ha gestito le indagini sugli omicidi di Ciaccio Montalto, Antonino Saetta e Rosario Livatino e sulle stragi di Capaci e via D’ Amelio. E che in seguito è stato anche a capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Da questa contestazione, formulata dalla procura generale della Cassazione, il Pg di Catania dovrà difendersi il 17 luglio prossimo davanti alla sezione disciplinare del Csm. E a difenderlo sarà un’altra “toga” di una certa visibilità: il pm della procura nazionale antimafia Antonio Patrono, che è stato presidente dell’Associazione nazionale magistrati negli anni di più acuto scontro tra giudici e politica.
La vicenda che fa finire l’alto magistrato sotto processo disciplinare risale a tre anni fa, quando il Csm doveva appunto nominare il nuovo procuratore di Catania. Ma è venuta alla luce un anno dopo, a seguito delle intercettazioni compiute dalla procura di Milano nell’ambito dell’inchiesta a carico dell’ex numero uno della Bpm. Secondo la ricostruzione contenuta nel capo di incolpazione, fu lo stesso Tinebra a sollecitare “in numerose occasioni”, Ponzellini e il suo uomo di fiducia Antonio Cannalire (poi finito anche lui sotto inchiesta), perchè “si attivassero” per arrivare ad Albertoni.
Lo scopo era preciso: indurre il consigliere della Lega “a esprimere il voto favorevole alla nomina di Tinebra”, nella partita che lo vedeva contrapposto a Giovanni Salvi e a Giuseppe Gennaro. L’obiettivo era dunque quello di alterare “a proprio vantaggio, a seguito di pressioni di ambienti politico-finanziari del tutto estranei all’ordine giudiziario, la scelta dell’organo di autogoverno”. Un piano che comunque non riuscì: alla fine il plenum scelse sia pure sul filo di lana, Salvi, che passò per un pugno di voti, non rispetto a Tinebra, che ne prese solo due, ma rispetto al terzo concorrente Gennaro. Si è trattato comunque di una condotta “gravemente lesiva dell’immagine di magistrato” – sottolinea la procura generale della Cassazione – di cui peraltro lo stesso Tinebra parlò, “minimizzandola”, nel corso di un’intervista a Report: “tu hai un amico, gli parli dei tuoi problemi, non c’è niente di male”, disse allora il Pg.
E in risposta alla domanda di cosa c’entrasse Ponzellini con il Csm, Tinebra replico’: “niente. Lui ha un sacco di amici, a un certo punto ha detto ‘vabbe’…dico io chi sei, illustro la tua personalità”. Il Pg escluse però che si trattasse di “pressioni” perchè “il Csm funziona così”.Tra 15 giorni si vedrà se la sua tesi reggerà davanti al “tribunale delle toghe”, come auspica il suo “difensore” che si dice “fiducioso” su un esito favorevole per il suo assistito.
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