Dialogo, immaginario ma non troppo, tra due “viandanti” nell’Italia reale.
“Ma tu lo sai quanto ci costano gli immigrati? Una tombola, soldi nostri e soldi non ce ne sono di questi tempi neanche per i nostri. Due miliardi e 400 milioni, capisci, due miliardi e mezzo quasi di euro italiani per pagare la sanità a quelli che vengono da fuori. Per pagargli cure e medicine e ospedali e…E questo per i regolari, quelli in regola con i documenti anche se poi chissà cosa fanno davvero per campare. E quattrocento milioni, altri 400 li buttiamo per pagare la sanità ai clandestini. Ai clandestini, io mi chiedo perché se sono clandestini, neanche un euro se sono qui a sbafo e fuori legge. E poi due miliardi e ottocento milioni per pagare la scuola ai loro figli. Di figli ne fanno tanti e sono in ogni scuola e noi paghiamo. E altri due miliardi per processarli in Tribunale quando ci arrivano e non escono prima e per tenerli in galera quelli che ci restano. Due miliardi, non saranno tutti delinquenti ma sono due miliardi, mica bruscolini. E 500 milioni per i “centri” dove li teniamo quando sbarcano. E 400 milioni per l’assistenza familiare. E 600 milioni per le pensioni che qualcuno di loro già incassa e intasca. E 400 milioni per dargli casa, casa a loro e per noi case non ce n’è. E 450 milioni sborsano i Comuni per i servizi sociali per loro. Fanno nove miliardi e 950 milioni, un mare di soldi, soldi nostri, delle nostre tasse che vanno a loro. Ecco quanto ci costano, quasi dieci miliardi, lo sai che ci si fa con dieci miliardi?”.
“Ma tu lo sai quanto incassiamo noi, noi italiani, dagli immigrati? Sette miliardi e mezzo di contributi previdenziali che loro pagano e con cui paghiamo le pensioni di noi italiani che in pensione già siamo. Loro in pensione sono poco e niente, sono tutti giovani. E due miliardi e duecento milioni che pagano di tasse, che versano al fisco. E un miliardo di Iva che pagano loro. E perfino cento milioni che tirano fuori per pagarsi le pratiche dei permessi di soggiorno. Fanno dieci miliardi e ottocento milioni. Fatti i conti, solo i conti. I conti dei soldi e non dei diritti e tutta quella roba là: ci guadagnamo un miliardo di euro l’anno”.
“Ma tu lo sai che in Italia non c’è lavoro, lavoro per noi. E questi sono cinque milioni, quindi sed lavorano e non rubano, comunque rubano il lavoro agli italiani”.
“Ma tu lo sai che senza gli immigrati non raccoglieresti le mele in Val di Non, non faresti il prosciutto a Parma, la mozzarela di bufala in Campania, la vendemmia in Toscana e in Calabria? Lo sai cosa succederebbe ai nostri vecchi se non ci fossero le badanti? Cosa sarebbero i nostri cantieri se non facessero loro i muratori? Le vai a raccogliere tu le mele, dai tu da mangiare ai maiali, ti arrampichi tu sull’impalcatura, pulisci tu il sedere a nonno?”.
“Va bene, anzi no. Ce li dobbiamo tenere? E teniamoceli. Ma non uno di più di quelli che ci sono. Teniamoceli ma ben separati. Ci sono quelli che rubano e quelli che combinano i matrimoni alle figlie bambine con i vecchi e poi, se la figlia non ci sta, l’ammazzano di botte. Teniamoceli ma che almeno non si sognino di diventare italiani. Non ci riescono, non ce la fanno, non se lo meritano. E comunque non mi voglio mischiare”.
“Va bene, anzi quasi. Non tutto quel che fanno è rispettabile e quindi intoccabile. Se stanno qui, se vivono qui, devono smetterla di comportarsi come fossero in Pakistan. E devono smetterla di predare per strada o in casa. Ma l’hai detto tu: sono cinque milioni, sette su cento in Italia. E resteranno, faranno figli, anzi li hanno già fatti. Mezzo milione di loro figli è già nato in Italia, parla italiano, vive italiano. Quando saranno un milione e più questi loro figli, cioè domani, vuoi tenerli separati? Separati dove? Vuoi vivere con un milione di persone a cui neghi il voto e gli stessi diritti e doveri degli italiani. Vuoi si formi un esercito di nemici in casa, nemici con mille ragioni per esserti nemico?”.
“Non ci capiamo e capisco che se ti sto a sentire l’Italia diventa meticcia, mischiata. Sai che ti dico? Me ne frego dell’economia e della demografia e pure della storia. Io non li voglio. E sai che ti dico ancora? Quelli come me, quelli che stanno con me sono la maggioranza. Per cui prendi tutti i tuoi calcoli, numeri e ragioni e facci un pacchetto, poi lo butti nell’immondizia: la ragione è della maggioranza”.
“Vero, non ci capiamo o forse ci capiamo fin troppo bene. Pensi di poter fermare il mondo e invece dal mondo vuoi solo scendere. Sarai maggioranza ma non hai ragione. La tua ragione fa danno al portafoglio, alla vita di tutti i giorni, perfino alla sicurezza che invochi. Non sto a discutere con te di ciò che è giusto, cosa è giusto davvero spesso non lo neanche io. So però ciò che è utile, possibile e saggio. Parole che neghi o ignori. Sei come quelli che si affciano la mattina sul balcone di casa e poi lo fanno anche la sera e giurano: i miei occhi, quel che vedo mi dicono che il sole gira intorno alla terra”.
“Ti saluto, poi me lo racconti quando ti svaligiano casa o ti pisciano davanti al portone”.
“Ti saluto, poi mi fai sapere quandoi ti serve un’infermiera o una badante”.
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