ROMA – La Camera ha approvato in seconda lettura la proposta di legge sulla diffamazione con 295 voti favorevoli, 116 astenuti e 3 contrari. A votare a favore insieme alla maggioranza anche Sel e Forza Italia. Area popolare, così come il Movimento 5 stelle, si è astenuta. Ora il provvedimento, che ha iniziato il suo iter legislativo due anni fa, dovrà tornare al Senato per il suo quarto passaggio parlamentare.
L’agenzia Public Policy illustra con una scheda tutte le modifiche al testo.
SCHEDA DA STOP CARCERE ALLE QUERELE TEMERARIE FINO ALLA NORMA ‘SALVA-GIORNALISTI’ – L’aula della Camera ha approvato in seconda lettura la proposta di legge sulla diffamazione, che aveva iniziato il suo iter a Montecitorio il 4 giugno 2013. Dopo essere stata approvata anche dal Senato (il 28 ottobre 2014) la proposta è tornata di nuovo alla Camera. Adesso, visto le modifiche apportate, la pdl dovrà tornare a palazzo Madama per il suo quarto passaggio parlamentare. La pdl, che tra le altre cose abolisce la pena detentiva per chi commette il reato di diffamazione, nel corso di questo passaggio alla Camera ha subito diverse modifiche. La principale ha riguardato la soppressione dell’articolo sul cosiddetto diritto d’oblio per i contenuti pubblicati in rete. Un emendamento del relatore, Walter Verini (Pd), ha poi introdotto l’articolo cosiddetto ‘salva-giornalisti’ per tutelare i giornalisti (ma anche i non iscritti all’albo) di testate fallite da eventuali maxi-risarcimenti.
STOP CARCERE E MULTA FINO A 50MILA EURO IN CASO DI DOLO Eliminata dalla legge sulla stampa la previsione della pena della reclusione. La diffamazione a mezzo stampa (compresa quella sulle testate giornalistiche on line) viene quindi punita con la multa da 5.000 a 10.000 euro. In caso di dolo la multa sale da un minimo di 10.000 euro ad un massimo di 50.000 euro e scatta la pena accessoria della pubblicazione della sentenza con, nelle ipotesi di recidiva, l’interdizione dalla professione di giornalista per un periodo da un mese a sei mesi. Non sono punibili l’autore dell’offesa o il direttore responsabile che provvedano alla rettifica secondo le modalità previste dalla legge. In caso di diffamazione on line è competente il giudice del luogo di residenza della persona offesa. Stop al carcere anche in caso di ingiuria. Il reato previsto dal codice penale – anche se commesso per via telematica – viene invece punito con la multa fino ad un massimo di 5.000 euro. La pena è aumentata fino alla metà qualora l’offesa consista nell’attribuzione di un fatto determinato ovvero sia commessa in presenza di più persone. Ancora nel codice penale il reato di diffamazione viene punito con la multa da 3.000 a 10.000 euro e una aggravante fino a 15.000 euro.
RESPONSABILITÀ PENALE DEL DIRETTORE L’articolo 57 del codice penale (reati commessi con il mezzo della stampa, della diffusione radiotelevisiva o con altri mezzi di diffusione) viene modificato specificando che il direttore o vicedirettore responsabile risponde a titolo di colpa se il delitto è conseguenza della violazione dei doveri di vigilanza sul contenuto della pubblicazione. In questo caso la pena è in ogni caso ridotta di un terzo e non si applica la pena accessoria dell’interdizione dalla professione di giornalista. La commissione Giustizia della Camera ha soppresso la previsione – introdotta dal Senato – in base alla quale il direttore responsabile risponde anche per i delitti commessi con il mezzo della stampa attraverso scritti non firmati.
SOPPRESSO IL DIRITTO ALL’OBLIO La commissione Giustizia della Camera ha stralciato dalla proposta di legge l’articolo sul cosiddetto diritto di oblio. ‘Fermo restando il diritto di ottenere la rettifica o l’aggiornamento delle informazioni contenute nell’articolo ritenuto lesivo dei propri diritti – si leggeva nell’articolo stralciato – l’interessato può chiedere l’eliminazione, dai siti internet e dai motori di ricerca, dei contenuti diffamatori o dei dati personali trattati in violazione di disposizioni di legge’. L’interessato, in caso di rifiuto o di omessa cancellazione dei dati, avrebbe potuto chiedere al giudice di ordinare la rimozione, dai siti internet e dai motori di ricerca, delle immagini e dei dati ovvero di inibirne l’ulteriore diffusione.
QUERELE TEMERARIE In caso di querela temeraria il giudice può irrogare al querelante una sanzione pecuniaria da 1.000 a 10.000 euro da versare alla cassa delle ammende. La previsione viene inserita nell’articolo 427 del codice di procedura penale sulla condanna del querelante alle spese e ai danni. Nel codice di procedura civile (all’articolo 96 sulla responsabilità aggravata) viene stabilito anche che il giudice, nel rigettare la domanda di risarcimento, può condannare l’attore, oltre che al rimborso delle spese e al risarcimento a favore del convenuto stesso, anche al pagamento in favore di quest’ultimo di una somma determinata in via equitativa, tenendo conto in particolare dell’entità della domanda risarcitoria.
SEGRETO PROFESSIONALE ESTESO ANCHE A PUBBLICISTI Con un modifica al codice di procedura penale viene estesa la disciplina del segreto professionale anche ai giornalisti pubblicisti iscritti al rispettivo albo.
LA NORMA ‘SALVA GIORNALISTI’ Nel corso dell’esame in commissione Giustizia è stato approvato un emendamento del relatore – Walter Verini (Pd) – per tutelare i giornalisti e i direttori delle testate fallite da eventuali maxi richieste di risarcimento. La proposta di legge qualifica quindi come privilegiato il credito, nei confronti della testata giornalistica fallita, di colui che in adempimento di una sentenza di condanna al risarcimento del danno derivante da diffamazione, ha provveduto al pagamento in favore del danneggiato. La norma viene inquadrata nell’articolo 2751-bis del Codice civile (Crediti per retribuzioni e provvigioni, crediti dei coltivatori diretti, delle società od enti cooperativi e delle imprese artigiane). Tra i casi di privilegio generale sui mobili, viene inserito quindi ‘il credito vantato nei confronti del proprietario della pubblicazione o dell’editore dal direttore responsabile o dall’autore della pubblicazione che, in adempimento di una sentenza di condanna al risarcimento del danno derivante da offesa all’altrui reputazione, hanno provveduto al pagamento in favore del danneggiato, salvo nei casi in cui sia stata accertata la natura dolosa della condotta’. Dunque, come Verini aveva spiegato a Public Policy, un modo per ‘tutelare quei giornalisti e quei direttori che sono chiamati a rispondere di un risarcimento quando la società editoriale è fallita, facendo seguire al risarcimento la stessa procedura dei fallimenti’.
LEGGE SU STAMPA ESTESA A TESTATE ON LINE L’applicazione della legge sulla stampa (la numero 47 del 1948) viene estesa alle testate giornalistiche on line registrate presso le cancellerie dei tribunali.
OBBLIGO DI RETTIFICA PER TESTATE PERIODICHE Le dichiarazioni o le rettifiche della persona che si ritenga lesa ‘nella dignità, nell’onore o nella reputazione’, devono essere pubblicate senza commento, senza risposta, senza titolo e con l’indicazione del titolo dell’articolo ritenuto diffamatorio, dell’autore dello stesso e della data di pubblicazione. Questo a meno che le dichiarazioni o le rettifiche non siano suscettibili ‘di incriminazione penale o non siano inequivocabilmente false’. Per le testate giornalistiche on line gli obblighi di pubblicazione della rettifica vanno assolti entro 2 giorni dalla richiesta (come per i quotidiani cartacei), con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia rettificata, in testa all’articolo relativo alla notizia stessa, senza modificarne la Url (Uniform resource locator). Se la testata giornalistica fornisce un servizio di newsletter le dichiarazioni o le rettifiche sono inviate agli utenti che hanno già avuto accesso alla notizia originaria. La proposta di legge specifica poi che per le rettifiche nelle trasmissioni televisive o radiofoniche si applica l’articolo 32-quinquies del testo unico della radiotelevisione.
OBBLIGO RETTIFICA PER TESTATE NON PERIODICHE Per la stampa non periodica (come i libri) a richiesta dell’offeso, l’autore dello scritto o l’editore (se l’autore della pubblicazione è ignoto o non imputabile) o lo stampatore (se l’editore non è indicato o non è imputabile), provvedono alla pubblicazione delle dichiarazioni o delle rettifiche. La pubblicazione in rettifica deve essere effettuata sul sito e nelle nuove pubblicazioni elettroniche entro 2 giorni dalla richiesta e nella prima ristampa utile, con idonea collocazione e caratteristica grafica e deve inoltre fare chiaro riferimento allo scritto che l’ha determinata. Nell’impossibilità di procedere alla ristampa dell’opera o alla pubblicazione sul sito internet del diffamante, entro 15 giorni la rettifica dovrà essere pubblicata sul sito internet di un quotidiano a diffusione nazionale. Anche in questo caso viene richiamato il caso di rettifiche ‘inequivocabilmente false’ che possono anche non essere pubblicate.
MULTA PER MANCATA RETTIFICA FINO A 16MILA EURO In caso di inerzia nella pubblicazione della rettifica, l’interessato può rivolgersi al giudice. Stessa procedura per l’autore dell’offesa nel caso di inerzia del direttore del giornale o periodico o della testata on line o del responsabile della trasmissione radio-tv. La sanzione sanzione amministrativa per la mancata o incompleta ottemperanza all’obbligo di rettifica passa dagli attuali 7.746-12.911 euro a 8.000-16.000 euro.
CRITERI PER RISARCIMENTO DEL DANNO Viene introdotto nella legge sulla stampa il nuovo articolo sul risarcimento del danno. La disposizione prevede che l’azione civile si prescriva in 2 anni e individua dei parametri di cui il giudice deve tenere conto nella quantificazione del danno derivante da diffamazione: la diffusione quantitativa e la rilevanza (nazionale o locale) del mezzo di comunicazione usato per compiere il reato; la gravità dell’offesa; l’effetto riparatorio della pubblicazione o della diffusione della rettifica. Di conseguenza viene abrogato il vecchio articolo 12 della legge 47/1948, in base al quale per la diffamazione a mezzo stampa la persona offesa può chiedere – oltre al risarcimento dei danni – una somma a titolo di riparazione, determinata in relazione alla gravità dell’offesa e alla diffusione dello stampato.