ROMA – Femmine contro maschi a Montecitorio. E’ il dramma, o la sceneggiata che dir si voglia, che si sta consumando in queste ore in Parlamento. Motivo del contendere: le cosiddette quote rose nella nuova legge elettorale, l’Italicum dell’accordo Matteo Renzi-Silvio Berlusconi. La discussione sulla riforma è slittata a lunedì, ma intanto 90 deputate di tutti gli schieramenti hanno scritto una lettera-appello per garantire un minimo di presenza femminile in Parlamento per legge.
La questione ufficiale è proprio quella delle quote rose: sì, no, 50-50, 40-60, e soprattutto in che ordine in lista. Inutile, infatti, prevedere il 50 per cento di donne senza l’alternanza obbligatoria in lista, soprattutto nei collegi piccoli. L’importante, per le 90 deputate di Pd, Nuovo Centrodestra, Forza Italia e Scelta Civica che hanno scritto a Renzi, Berlusconi e Angelino Alfano, è che la questione della rappresentanza di genere sia affrontata nella nuova legge elettorale.
Ma se lo scontro principale è tra uomini e donne nemmeno il fronte femminile è poi tanto compatto. Favorevoli alle quote esponenti del Pd come Rosy Bindi e Barbara Pollastrini, le forziste Mara Carfagna, Micaela Biancofiore e Michela Vittoria Brambilla, le alfaniane Beatrice Lorenzin e Nunzia De Girolamo. Contrarie, negli stessi partiti, Daniela Santanché e Mariastella Gelmini nel centrodestra, Maria Elena Boschi nel centrosinistra.
Ci sono poi, soprattutto in Pd e Sel, i favorevoli a parole ma non a fatti, che sarebbero ben felici di poter votare a scrutinio segreto e affossare la legge elettorale e Matteo Renzi votando contro le quote. Per Berlusconi, poi, la legge elettorale è intoccabile, va lasciata così com’è. Il Pd spera che il week-end porti consiglio.
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