Cosa inaugura e cosa celebra, prima in Abruzzo e poi in tv, Silvio Berlusconi? Cinque mesi e dieci giorni dopo il terremoto il premier è ad Onna: una strada divide due paesaggi, due mondi. Ad est le macerie, ad ovest 47 casette di legno, cioè 94 alloggi donati dalla Croce Rossa italiana e realizzati dalla Provincia autonoma di Trento. Questo è quel che Berlusconi inaugura, poca cosa e non farina del sacco del governo. Ma, seppur si tratta di un piccolo antipasto servito in tavola come fosse un banchetto di matrimonio, quello del governo non è un bluff.
Entro fine settembre saranno pronti e consegnati nell’area del sisma 1600 alloggi di legno e altri 350 alloggi, per duemila persone. Sono questi ultimi le CASE, cioè i “complessi antisismici sostenibili ed ecocompatibili”. Entro l’anno arriveranno altri 1900 moduli “Map”, le casette di legno, e altri 4000 alloggi del tipo CASE. Circa diecimila prefabbricati dunque messi in opera in nove mesi, un tetto per almeno trentamila persone: qualcosa che in Italia non ha praticamente precedenti, un successo di efficienza della mano pubblica. Il governo ha ragione di vantarsi di questo lato della ricostruzione, l’unico neo è la fretta di vantarsene.
Ma c’è l’altro lato della ricostruzione, anzi il lato che ancora non c’è: la ricostruzione vera e propria del patrimonio edilizio danneggiato, insomma i centri storici e non le new town. Qui c’è ritardo di tempo e di soldi. Solo a fine agosto è stato definito il “prezzario” della ricostruzione e un’idea complessiva su come e dove ricostruire non c’è. Quindi il governo è riuscito ad evitare non solo la tendopoli “lunga”, ma anche la lunga odissea dei container. Le nuove case ci sono, al costo medio di 1167 euro al metro quadro. Frutto di uno sforzo e di una volontà inconsueti: tremila lavoratori, cantieri h24, salari da 6500 euro al mese.
Quel che non c’è è un piano e un lavoro per la rinascita de L’Aquila e degli altri centri urbani. Dunque Berlusconi inaugura il primo plotone di un esercito di funzionali prefabbricati e celebra la riuscita, il successo di una risposta all’emergenza abitativa.
Celebra però anche quel si è scelto di non fare o comunque finora non si è stati in grado di elaborare: un piano per la ricostruzione urbana dell’Abruzzo colpito. La scelta di non finanziare per via fiscale la ricostruzione dei centri urbani, la voglia di stupire con un pronto allestimento di un tetto per buona parte dei 50mila sfollati e la cultura, felicemente ma limitatamente emergenziale sia del governo che della Protezione Civile hanno evitato agli abruzzesi quel che in Italia sembrava un destino: un inverno senza case. Il prezzo, il rischio può essere quello di un capoluogo e di altri centri senza vero futuro urbano.
Fin qui la cronaca, i fatti. Poi c’è lo show, quello dove Berlusconi celebra se stesso. Prima rete Rai, prima serata, Bruno Vespa. E fin qui siamo nella fisiologia. Patologico è il tentativo di “rete unificata e unica”. Niente Ballarò su Rai3, niente Matrix su Canale5, potendo avrebbero spostato anche Marsiglia-Milan e Juve-Bordeaux di Champions. Patologica è la voglia matta di adunata televisiva del pubblico in una sola piazza. E patologico è un paese nel quale se dici che il progetto CASE è stato un successo devi anche aggiungere professione di fede nell’uomo “del fare”, un paese dove per dire bene di un atto di governo la tv pubblica e la comunicazione in genere sente il bisogno, l’obbligo e l’opportunità di adorazione mistica del “grande costruttore”.
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