TARANTO – Un accusa dura: aver fatto da regista e aver di fatto assecondato le pressioni dell’Ilva sull’ Arpa (Agenzia regionale di protezione ambientale), ”invece di imporre misure urgenti” all’azienda, per ridurre l’inquinamento” causato dall’Ilva di Taranto. E’ l’accusa del gip di Taranto Patrizia Todisco al governatore della Puglia Nichi Vendola che, avrebbe messo in atto una serie di escamotage ”per non risultare inoperoso” di fronte all’opinione pubblica.
Vendola al momento non è indagato e l’accusa del gip chiama in causa anche funzionari e assessori di quella Regione che ha fatto proprio della battaglia ambientale per l’Ilva una bandiera.
Nelle oltre 500 pagine dell’ordinanza con cui spedisce nuovamente agli arresti la famiglia Riva e i vertici dell’azienda, il giudice dedica infatti ampi passaggi a Vendola e a quel che accade nelle stanze della Regione. Riportando telefonate e mail e parlando di ”numerosi e costanti contatti” tra l’ex grande capo delle relazioni istituzionali dell’Ilva Girolamo Archinà e rappresentanti della Regione, Vendola compreso.
L’obiettivo dell’azienda è sempre lo stesso: far rimuovere il direttore generale dell’Arpa Giorgio Assennato, colpevole di aver prodotto una relazione nel giugno 2010 in cui si affermava la necessità di ridurre la produzione dello stabilimento di Taranto per ridurre le emissioni inquinanti. Operazione che non riesce visto che l’incarico ad Assennato viene rinnovato dalla stessa regione, anche se, scrive il Gip, ”è evidente che i ripetuti interventi della presidenza della Regione Puglia, in persona del presidente Vendola e del suo capo di Gabinetto Manna, su sollecitazione dei vertici Ilva, avevano sortito gli effetti auspicati nei confronti di Assennato, che era…molto più accomodante ed accondiscendente verso la predetta azienda, anche nel timore che, alla scadenza, il proprio mandato potesse non essere rinnovato dal presidente Vendola”.
Il gip cita poi una mail inviata il 22 giugno del 2010 da Archinà a Fabio Riva, nella quale il primo informa il secondo di un incontro avuto a Bari con Vendola. Il governatore, scrive Archinà ”si era fortemente adirato con i vertici dell’Arpa Puglia”, sostenendo che ”non devono assolutamente attaccare l’Ilva”. In quell’incontro, sostiene ancora Archinà, il governatore ”aveva pubblicamente dichiarato che il ‘modello Ilva’ doveva essere esportato in tutta la regione riferendosi, chiaramente, alla famosa ‘legge sulla diossina’ la cui gestazione era stata evidentemente frutto della concertazione tra la Regione e l’Ilva che aveva sempre osteggiato il cosiddetto ‘campionamento in continuo’, ottenendo, appunto, in tale legge che ciò non fosse imposto”.
Ma ci sarebbe di più: sempre secondo il gip dopo quella riunione Vendola parte per la Cina e, quando rientra, chiama Archinà: “State tranquilli – dice all’uomo dell’Ilva – non mi sono scordato non mi sono defilato”. Riferendosi, scrive il Gip, alla vicenda Assennato. ”Col mio capo di gabinetto… Siamo rimasti molto colpiti… Siccome ho capito qual è la situazione… – dice Vendola – volevo dire che… Mettiamo subito in agenda un incontro con l’ingegnere… State tranquilli, non è che mi sono scordato.”.
E poi ancora: ”Noi dobbiamo fare… Ognuno fa la sua parte… E dobbiamo però sapere che… A prescindere da tutti il procedimento, le cose, le iniziative… L’Ilva è una realtà produttiva… cui non possiamo rinunciare… E, quindi… fermo restando tutto dobbiamo vederci… dobbiamo ridare garanzie… Volevo dirglielo perchè poteva chiamare Riva e dirgli che.. il presidente non si è defilato”.
Non si è scordato a tal punto che il Gip parla di ”regia” del governatore quando cita due telefonate – una tra il solito Archinà e una sindacalista e l’altra tra l’ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso e uno degli avvocati dell’Ilva – dalle quali emerge che, con il benestare di Vendola, bisogna ”frantumare Assennato” e ”farlo fuori”. ”Il complesso delle intercettazioni relative alle pressioni sul professor Assennato – scrive il gip – è da ritenersi, oltre ogni ragionevole dubbio, assolutamente attendibile, così come è altrettanto evidente… che il tutto si era svolto sotto l’attenta regia del presidente Vendola e del suo capo di gabinetto avvocato Manna”.
Dunque, conclude il giudice, ”è di tutta evidenza che la Regione Puglia, invece di imporre misure urgenti atte a monitorare in continuo le emissioni dell’Ilva, di concerto con i suoi vertici cercava di ricorrere ad escamotages, quali l’attivazione di ‘tavoli tecnici’, al fine di far guadagnare tempo all’industria nella realizzazione delle strutture di monitoraggio in continuo delle emissioni e, dall’altra parte, consentire alla stessa regione Puglia di non apparire inoperosa sul fronte ambientale agli occhi dell’opinione pubblica”.
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