ROMA – Cercasi strada per non dover ritornare all’Imu sulla prima casa. O meglio cercasi tassa alternativa: perché se anche Imu non ci sarà i soldi devono comunque entrare nelle casse dello Stato e quindi uscire da quelle di (alcuni) italiani.
L’appuntamento per iniziare a sciogliere il nodo Imu è per lunedì 22 luglio al ministero del Tesoro. I tecnici di via XX Settembre e i rappresentanti dei tre partiti di maggioranza si incontreranno per riprendere le fila dopo la cabina di regia politica di giovedì scorso. La riunione sarà l’occasione per approfondire le ipotesi elaborate dal ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, e dal suo staff, entrando direttamente nel merito e valutandone la fattibilità e la copertura finanziaria. Per risolvere la questione il governo ha infatti poco più di un mese, essendosi impegnato ad affrontare tutti i principali temi economici sul tappeto entro il 31 agosto.
Le priorità le ha ribadite anche oggi il capogruppo del Pdl, Renato Brunetta, dettando l’agenda del governo: ”Adesso l’Italia ha bisogno di pensare alle cose concrete. Vale a dire all’Iva, all’Imu, alla grande riforma fiscale, a come rilanciare l’economia, ma soprattutto ai pagamenti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese”. Tra le ipotesi allo studio per il capitolo casa, sembra prendere sempre più corpo l’idea di una service tax che comprenda Imu e Tares.
L’introduzione di una tassa simile però porrebbe il problema di distinguere in qualche modo quanto è dovuto dal proprietario e quanto dall’affittuario, visto che – a differenza dell’Imu – la tassa sui rifiuti è oggi pagata dagli inquilini. Accanto al ripensamento della tassazione in sé, in attesa di una più ampia riforma del catasto che richiederà almeno 4-5 anni, andrebbero rivalutati gli immobili di lusso e la nuova Imu andrebbe rimodulata in base ai metri quadrati dell’abitazione e al numero di persone che ci vivono, non solo figli ma anche anziani a carico.
Altra proposta sarebbe invece quella di alzare l’attuale franchigia di 200 euro a 600. In ogni caso, sembra ormai quasi scontato un nuovo rinvio del pagamento. Se, come previsto, il governo dovesse effettivamente trovare il bandolo della matassa entro la fine di agosto, sarebbe comunque difficile, quasi impossibile, far pagare ai proprietari la nuova tassa entro il termine del 16 settembre fissato per evitare la rata di giugno. I tempi sarebbero troppo stretti sia per i cittadini che per l’amministrazione. Un nuovo slittamento è in vista anche per l’Iva. Sul primo rinvio la copertura rimane al momento quella prevista dal governo, ovvero l’aumento degli acconti Ires e Irpef.
In Parlamento, l’articolo 11 del decreto in materia non è infatti ancora stato discusso, ma l’unica occasione per emendarlo è ormai rimasta quella di lunedì, visto che martedì il provvedimento è atteso in Aula al Senato. Il governo non sembra intenzionato ad apportare modifiche, mentre i relatori sono in attesa di monitorare, seppur a distanza, l’incontro di lunedì al Tesoro. Se emendamenti arriveranno, sarà dunque direttamente in Aula. Per il secondo probabile rinvio a fine anno, le risorse sono invece tutte da trovare. Potrebbero arrivare dall’anticipo, già annunciato da Saccomanni, di circa 10 miliardi dei pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione previsti per il 2014. Il pagamento comporta infatti l’emissione di fattura e il pagamento dell’Iva da parte delle aziende. .
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