Spuntano nuove intercettazioni che riguardano “la cricca degli appalti dell’Aquila”. A parlare sono il giudice della Corte dei conti Mario Colosimo, fino al 2008 vice alto commissario per la lotta alla contraffazione, e l’imprenditore Francesco De Vito Piscicelli, quello la notte del terremoto in Abruzzo rideva pensando ai guadagni procurati dalla ricostruzione.
I due, coinvolti entrambi nell’indagine fiorentina sui presunti imbrogli nell’attribuzione dei lavori, sono cari amici. Un intero rapporto dei carabinieri del Ros è riempito dalle conversazioni in cui Piscicelli chiede aiuto a Colosimo per ottenere crediti dalle banche (che però non sembrano arrivare). In alcune però, è il giudice a raccomandarsi per una scadenza che, secondo gli investigatori, si riferisce alla restituzione di 200.000 euro: «Sono in una situazione in cui non posso scappottare…». Il pomeriggio del 10 ottobre 2008 Colosimo dà a Piscicelli la notizia del nuovo incarico conferito a Balducci, e l’imprenditore si mostra contento: «Finalmente, sia fatta la volontà della Madonna! Così sta contento… che sta depresso come un morto». I carabinieri intercettano e annotano che il magistrato «non sembra così entusiasta di questa nomina che di fatto pone Balducci fuori dalla gestione degli appalti». In effetti Colosimo dice che ora l’ingegnere «è fuori da tutto… lascia tutte le strutture di missione, ovviamente…».
Piscicelli non condivide la preoccupazione del giudice, perché quella era la carica che il comune amico appaltatore inseguiva da tanto tempo: «Lui ci teneva da morire per questa cosa, dalla quale quel chiavico di Di Pietro (quand’era ministro dei Lavori pubblici) lo aveva cacciato». Colosimo cerca di fargli comprendere una diversa realtà: «Ma che sai, Francé… questa è una cosa per… Vabbè, conclude la sua carriera lì dove voleva e basta. Lascia tutto». E per essere un po’ più chiaro: «Una cosa era quando lui lì aveva centralizzato tutto, una cosa è ora che invece rimane in una struttura di consulenza, prestigiosa ma di consulenza, punto… Lui perde l’operatività, quello che è stato il suo… la sua forza per tanti anni».
Ora Piscicelli mostra di aver capito: «Ma tu sei convinto di questo? Vabbè, allora non è una buona notizia ». Tre giorni dopo Colosimo, dal telefono dell’ufficio di Piscicelli, chiama proprio Balducci: «Intanto auguri… Avrei bisogno di parlarti, Angelo. Quando ti posso vedere? Domani mattina ci sei?». Balducci è impegnato: «Guarda, dipende da come si mette qui… Quando si prende una decisione ti faccio sapere… ». Passano altri dieci giorni e stavolta è Piscicelli a chiamare Colosimo, mentre si trova in compagnia dell’imprenditore fiorentino Riccardo Fusi (l’amico del coordinatore del Pdl Denis Verdini, indagato anche lui per concorso in corruzione): «Senti, ti volevo dire questa cosa abbastanza… Tu il presidente dell’Istat, per caso lo conosci? Fra le tue tante… è toscano». Il giudice risponde di sì: «Lo conosco bene, perché?».
Nelle annotazioni successive si riporta un altro tentativo di Colosimo di rintracciare Balducci. Il 7 novembre 2008 Piscicelli chiede all’amico giudice se è riuscito a parlarci, e quello dice di sì: «Dalla risposta fornita si comprende che il tema dell’incontro è la gara per i lavori della sede Istat; infatti Colosimo riporta che occorre attendere la scadenza dei termini di presentazione dei progetti/offerta, aggiungendo che con questa gara ha a che fare una persona che lui, Colosimo, nel passato ha aiutato, e ciò dovrebbe ulteriormente agevolarli». Però c’è un problema, segnalato dal magistrato: «Ci sono grossi colossi che stanno…». Piscicelli ribatte sicuro: «Ma anche noi siamo un colosso! Siamo la settima impresa d’Italia!».