ROMA – A quasi due anni dalle elezioni che sancirono il clamoroso boom del 25,6% (alla Camera), il Movimento 5 Stelle non solo ha tenuto, contro tutti i pareri (e la speranza) che attribuendo l’exploit alla vittoria del voto di protesta ne prevedevano l’inesorabile declino, ma addirittura si è rafforzato in zona 30%.
L’ultimo sondaggio condotto da Ci-Se per il Sole 24 Ore certifica un 30,8% che non fa dormire sonni tranquilli a Matteo Renzi che pure può esser soddisfatto del 35,6% cui ha guidato il Pd, regalandogli un buon 10% aggiuntivo rispetto alle politiche 2013. Con il centrodestra che non riesce a catalizzare un blocco elettorale più grande, il ballottaggio introdotto dall’Italicum consegnerebbe alla competizione Pd e M5S, una sfida molto più incerta.
Il partito di Grillo si sta consolidando, radicando nel territorio, non è solo il partito della rete, soprattutto si sta emancipando dal suo leader carismatico Beppe Grillo. Che, a conferma della “mutazione genetica” in atto segnalata da Ilvio Diamanti su Repubblica, non è più in cima al gradimento degli elettori pentastellati. Due le novità, rilevantissime: la prima è che 8 elettori grillini su 10 non si accontentano più della protesta, vogliono governare, la prospettiva di un loro leader a Palazzo Chigi non li imbarazza più.
Chi sia il leader, è la seconda novità, lo dicono gli indici di gradimento: primo Luigi Di Maio, un 50% plebiscitario dice che lui è il “leader preferito”, a lunga distanza Di Battista secondo (13%), Grillo solo terzo con il 10% (quando solo due anni fa era il leader incontrastato con il 77%) (leggi qui tutte le tabelle relative ai 5 Stelle di Demos).