ROMA – Se il tetto agli stipendi dei manager pubblici voluto dal governo Monti diventerà veramente effettivo, saranno in molti ai vertici di ministeri, agenzie e aziende pubbliche a vedersi pesantemente tagliata la busta paga mensile. Il limite è l’indennità del primo presidente di Cassazione, fra i 305 e i 311 mila euro lordi all’anno.
Limite superato di molto, per esempio, da Antonio Mastrapasqua, che prende 1,2 milioni all’anno fra la presidenza della Super-Inps e quella di Idea Fimit Sgr: dovrà tagliarsi tre quarti dello stipendio.
Mentre sarà di circa mille euro al giorno il “sacrificio” di Attilio Befera, che ora guadagna 620 mila euro lordi l’anno, 460 mila come direttore dell’Agenzia delle Entrate, e 160 mila come presidente di Equitalia.
Guido Pier Paolo Bortoni, presidente dell’Autorità per l’energia, dovrà rinunciare a 220 mila euro: prende 528.492 euro all’anno. Più o meno lo stesso sarà il taglio allo stipendio di Mario Canzio, ragioniere generale dello Stato, 521.917 euro annui, finora. Corrado Calabrò prende 475.463 euro lordi all’anno come presidente dell’Agcom, dovrà rinunciare a 170 mila euro. Stessa cifra per Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Antitrust, 475.463 euro lordi all’anno. Tutti i suoi consiglieri all’Antitrust (busta paga da 400 mila) si vedranno tagliati più di 90 mila euro all’anno: sono Antonio Pilati, Piero Barucci, Carla Rabitti Bedogni e Salvatore Rebecchini.
“Sacrificheranno” alla causa dell’Austerity una somma intorno ai 90 mila euro: Antonio Rosati, direttore generale della Consob (che ora guadagna 390 mila euro); Giuseppe Vegas, presidente della Consob (387 mila euro); Raffaele Ferrara, direttore dell’Agenzia dei Monopoli di Stato (389 mila euro); Giampiero Massolo, segretario generale del ministero degli Esteri (390 mila euro).
Si salveranno invece Francesco Pizzetti, 290mila euro come garante della Privacy, ancora più al sicuro Sergio Santoro, 196mila euro all’anno per la presidenza della Autorità che vigila sui contratti pubblici.
Secondo Filippo Patroni Griffi, regista del decreto taglia-superstipendi in qualità di ministro della Funzione Pubblica, i vertici di aziende e burocrazia pubblica colpiti dal provvedimento saranno “migliaia”. Nei precedenti tentativi, quelli del governo Prodi e di Renato Brunetta, a vanificare lo slancio di chi proponeva un tetto ai superstupendi sono state le “eccezioni”.
Il tandem Patroni Griffi-Monti promette maglie più strette, ma intanto evita di toccare gli enti locali: il decreto riguarderà solo le Pubbliche amministrazioni statali. Le Regioni e le Province, nonostante i tagli e le regole più severe imposte dalle ultime finanziarie, vantano una serie di casi immuni a ogni austerity. Da prendere come esempio l’amministratore delegato di Atac, l’azienda dei trasporti del Comune di Roma: il Campidoglio gli paga 349 mila euro annui che nessun Mario Monti potrà scalfire.