ROMA – Per i senatori un mutuo ventennale può avere tasso variabile all’1,57%, per i cittadini “normali” il tasso di media viene sul 5%. I privilegi messi in evidenza dall’onorevole Franco Barbato (dell’Idv) in un video mandato in onda su La7, secondo Repubblica non sono delle eccezioni, ma sono frutto di un accordo stipulato tra il Senato e la Banca Nazionale del Lavoro.
Su Repubblica Annaliza Cuzzocrea ha scritto che il Senato e la banca avrebbero sottoscritto una convenzione (“privata”) che permetterebbe ai senatori e ai dipendenti di Palazzo Madama di accedere ai mutui con tassi di interesse nettamente inferiori a quelli dei “comuni mortali”.
Barbato era andato, “armato” di telecamera nascosta, in una filiale della banca. Uno dei dipendenti, testimonierebbero le immagini, ha detto che “per i senatori il mutuo è una pacchia”.
Cuzzocrea racconta su Repubblica che esiste un accordo commerciale tra il Parlamento e la Bnl che consente a onorevoli e senatori di godere di questo “privilegio”. La giornalista, che sostiene di essere riuscita a prendere visione dell’accordo, spiega le differenze che ci sono tra un parlamentare e un non parlamentare: Partiamo dai mutui a tasso fisso a 10 anni: con un tasso irs del 2,25% (è quello fissato a livello internazionale, pagato dalla banca) la maggiorazione è dello 0,70. Sul mercato, il più favorevole ha una maggiorazione del 3,10. A 20 anni, mentre a Palazzo Madama bisogna aggiungere al tasso irs lo 0,85%, un cittadino qualsiasi aggiunge almeno il 3,20. A 30 anni, solo l’1,30 per un senatore o un commesso, il 3,40 per chi non gode di convenzioni. Sui variabili, considerando l’euribor a 6 mesi, la maggiorazione accordata dalla banca del Senato è dello 0,70% a 10 anni, dello 0,75 a 15, dello 0,85 a 20, dell’1,10 a 25, contro condizioni di mercato (le migliori) che vedono una differenza di quasi un punto e mezzo, dal 2,50 al 3%.
L’offerta, prosegue Cuzzocrea, vale anche per i giornalisti parlamentari. Ma il questore Pd al Senato, Benedetto Adragna, ha rivendicato che questo accordo non ricade sulle finanze pubbliche: “Deve però essere chiaro che il Senato non sborsa un euro per questo. La banca offre condizioni vantaggiose per fornire il servizio, non c’è un costo che ricade sui cittadini”.
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