Guzzanti riscopre Berlusconi: “Ora va difeso da questa piazza”

Paolo Guzzanti

ROMA – Lo strappo tra Paolo Guzzanti e Silvio Berlusconi è noto da tempo. Per il giornalista, sul piano politico, il presidente del Consiglio è stato una delusione: l’amicizia con Putin e la “mignottocrazia” i principali oggetti del contendere.

Neppure lo scorso 14 dicembre, quando il destino di Berlusconi premier era appeso al filo della fiducia alla Camera, Guzzanti si è riavvicinato: ha fatto credere fino all’ultimo di essere in dubbio, poi ha parlato in Aula e ha votato per mandarlo a casa.

Il bunga bunga e l’inchiesta di Milano che vede Berlusconi vicino a un giudizio immediato per concussione e prostituzione minorile, però, fanno in parte rivedere le posizioni al giornalista. Guzzanti prende carta e penna e scrive una lettera al Giornale, (testata per cui ha collaborato a lungo).

Dopo aver riassunto tutte le ragioni che lo dividono dal premier Guzzanti si rivolge direttamente al direttore del Giornale Alessandro Sallusti e spiega: “”Qui, gentile direttore, sta accadendo qualcosa di subdolo e coperto da camuffamenti ipocriti: vedo diffondersi infatti l’uso di un’arma impropria, un piede di porco impugnato da una parte dell’opposizione che pensa di cavalcare i fatti di Tunisi e del Cairo e che consiste nel far credere che si stia combattendo non una battaglia politica, ma la tirannide che segue una democrazia morta o mai nata. Questo trucco è non soltanto l’espressione di un falso, ma nasconde una minaccia: di sicuro (e non da oggi) la nostra democrazia mostra crepe, ma è ben viva. Recitare in piazza l’happening in cui si finge di abbattere il tiranno, è sia una scorciatoia che una mascalzonata: non tanto nei confronti di Berlusconi, ma del Parlamento e della Costituzione”.

“Mentre Hosni Mubarak parte da Sharm el-Sheik per destinazione ignota – spiega Guzzanti lanciandosi in un paragone tra Italia ed Egitto – si sente crescere lo starnazzo dei Fratelli Musulmani dal Cairo ma anche di quelli «de noantri» e io francamente non vorrei fra i piedi alcun Fratello Musulmano a Roma e neanche al Cairo. Cercare di ottenere la caduta politica di Berlusconi con armi che non sono della politica ma che appartengono ad altre funzioni, come la magistratura, significa accoltellare la democrazia e ridurre in carta straccia il principio di rappresentanza”.

“Io che detesto mignottocrazia e putinismo – conclude Guzzanti – credo che il disegno oscuro di battere non nelle urne o in Parlamento, ma in una finta piazza Tahrir chi ha ricevuto un consenso legittimo, costituisca una minaccia alla democrazia più pericolosa di quella che viene dalla pur abominevole mignottocrazia.

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