ROMA – ”Tanti amministratori, tanti sindaci, tanti militanti ripongono nel Pd le loro speranze. E chiedono a me di mettermi in gioco. A loro dico: dobbiamo costruire un Pd moderno, aperto, pensante non pesante”, in cui ”vinca la leggerezza, che sia libero da certe burocrazie similministeriali”. Perché ”solo il Pd può fare uscire l’Italia da questa crisi”. Non scioglie le riserve ma ormai Matteo Renzi è pronto a scendere in campo e in una intervista a Repubblica chiede intanto che ”il traghettatore del Pd, ossia Guglielmo Epifani, ci faccia sapere la data del congresso e delle primarie. Per statuto devono avvenire entro il 7 novembre”. Poi annuncia che il prossimo 27 ottobre ci sarà un’altra Leopolda, la convention dei renziani giunta alla sua quarta edizione. “Perché è fondamentale che si torni alle idee”.
Per candidarsi aspetta ”la data e di sapere se c’è una comunità di persone che crede” nel suo progetto. E’ vero, dice, che D’Alema gli aveva proposto una candidatura alle europee: ‘‘Per D’Alema non devo fare il segretario, né il sindaco. Ma tra qualche anno il premier. Non sono d’accordo: non faccio questa battaglia per sistemarmi”.
Poi si sfila dalla querelle nata attorno al tavolo delle regole del Pd: “C’è qualcuno nel partito che mi vuole invischiare in questo surreale dibattito sulle regole e sugli organigrammi. Anche no, grazie! Così si perde l’occasione di dare una risposta alla crisi italiana. Il Pd è l’unico partito in grado di fornire una risposta. Grillo ha bruciato la sua chance, Berlusconi pensa a ad altro che agli italiani. Noi siamo gli unici a poter fare uscire l’Italia dalle secche”.
Il governo, comunque, va tenuto ”fuori da questo dibattito. Enrico sarà più forte se il Pd sarà più forte. L’importante è che non si preoccupi di durare, ma di fare. Abbia come punto di riferimento le idee di Andreatta e non il tirare a campare di Andreotti’‘.
Il Pd che immagina il sindaco di Firenze non è più ”chiuso in un castello” e ”terra di conquista per correnti”. E, ribadisce, ”se mi candido, lo faccio indipendentemente da loro. Non vado dietro a patti tra maggiorenti. Questo Pd non esiste, resiste. Ai caminetti romani rispondo sempre con un ‘no grazie’. Non farò scambi di poltrone”.
Il Pd, aggiunge, deve ”parlare di futuro” e smetterla con ”l’dea novecentesca dell’appartenenza”, nel 2013 ”serve un partito aperto”, ”dobbiamo renderlo moderno sapendo che non si discute solo nelle sezioni, che si fa politica anche in rete o nei luoghi del volontariato”.
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