ROMA – I bersaniani accusano i renziani e i bindiani. I lettiani sospettano ma a loro volta sono sospettati. Dei veltroniani come dei bindiani si dice che abbiano vinto, ma loro negano. L’Assemblea del Pd all’Auditorium della Conciliazione si conclude con un flop, una brutta figura sullo statuto, una (mezza) certezza e molti sospetti reciproci.
Il segretario Guglielmo Epifani concludendo i lavori cerca di mettere un punto: la data del congresso è l’8 dicembre. Altro punto fermo è quello della non modifica dello statuto del partito. Una vittoria da parte di quanti (veltroniani e bindiani) si erano opposti a cambiare un concetto ritenuto, per loro, cardine, ovvero che il segretario è il candidato naturale per Palazzo Chigi.
Ma, il permanere dello statuto vigente, innesca sospetti nell’area renziana. In effetti, quando era ancora in corso il braccio di ferro sulle regole nei giorni scorsi dall’area bersaniana si sottolineava il fatto che con lo statuto vigente sarebbero stati necessari diversi mesi per organizzare tutto il congresso. Il sospetto è, dunque, che si punti, in realtà, al rinvio. Dall’ala bersaniana, però, si fa notare come l’unico colpito dalle mancate modifiche dello statuto sia Enrico Letta visto che a statuto vigente e, senza deroghe, attualmente non potrebbe correre in caso di primarie per Palazzo Chigi.
Ma tra i sospettati ci sono anche i lettiani tanto che qualcuno racconta che sarebbe stato proprio il commissario dell’area del premier in commissione a opporsi ad una proposta di intesa avanzata da Davide Zoggia per evitare di mettere a rischio quorum il voto sullo statuto. E non manca chi sussurra che in realtà l’idea di fondo sia quella di provare a rinviare anche di poco il congresso per chiudere eventuali finestre elettorali a Matteo Renzi salvaguardando Letta che oggi il sindaco rottamatore è tornato ad attaccare..
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