Gianfranco Fini vuole una destra che segue ”pulsioni giacobine e giustizialiste”, ”vecchia e dalla vocazione minoritaria”. Dal ’94 invece ”la destra italiana ha scelto la via liberale di coniugare garantismo e legalità”. E’ questa per Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo del Pdl al Senato, la ”visione diversa” che divide il partito dal presidente della Camera e i suoi.
Le ”pulsioni giacobine”, con cui ”la destra liberale cresciuta in questi anni in Italia aveva chiuso i conti”, già ci sono state, ricorda il senatore in una intervista alla Stampa, ”nella storia europea” e ”hanno avvicinato gli estremi, i neri e i rossi”. Ma nelle ”sfide più importanti del nuovo secolo”, dai temi etici a quelli dell’immigrazione e della cittadinanza, ”sono possibili due approcci: quello di chi ritiene, come Fini, che una destra moderna debba accogliere la ‘vulgata’ politicamente corretta, e differenziarsi su altri temi. E chi ritiene che, nel solco del popolarismo europeo, occorra essere antagonisti rispetto all’egemonia culturale della sinistra”.
L’errore di Fini, per Quagliariello ”è che avrebbe dovuto porsi come Pompidou” con De Gaulle per dare ”continuità alla stagione del fondatore, della ‘rottura’ berlusconiana” e invece ”ha voluto la rottura”.