ROMA – Una parola chiara, e ovvia, sulle pensioni l’ha consegnata il ministro Padoan al Parlamento. “Il governo non intende fare modifiche strutturali alla riforma Fornero sulla previdenza perché andrebbe contro i principi di stabilità dei conti nel sistema pensionistico… introdurre ulteriore flessibilità nel sistema comporterebbe oneri rilevanti e strutturali“.
Non c’è molto da tradurre, il No a smontare la legge Fornero è secco e motivato con la più secca della ragioni: l’alto costo di un ritorno al sistema pensioni pre Fornero. La risposta del ministro Padoan al “question time” cioè alla domanda del Parlamento sulle pensioni è contabilmente ovvia. La legge Fornero è quella legge che manda gli italiani in pensione a 66 anni circa mentre prima di fatto andavano in pensione a 58 anni. Questa differenza è una differenza di decine e decine di miliardi nel bilancio pubblico. Se si torna alle pensioni di prima si torna ai deficit di prima.
La politica, molta politica, ha cercato e sta cercando di smontare questa ovvietà. La Lega Nord di Salvini si è intestata la battaglia per la cancellazione della Fornero (legge e persona) e per il ritorno di fatto alla pensione a 60 anni e anche prima. Contro la Fornero M5S. E per lo smontaggio della Fornero anche la Cgil e la Uil e poi, con meno vis demolitoria, la Cisl. E per smontare via via per mezzo di ampie eccezioni anche una buona parte del Pd, Cesare Damiano in testa. A tutti Padoan risponde: se pensate di rimandare la gente in pensione a 60 anni o poco più la risposta è no. Perché costa un sacco, anzi due, di quattrini.
Altro discorso, secondo Padoan, gli esodati: “Il governo valuta possibilità mettere in campo nuovo provvedimento salvaguardia” anche se non dà dati precisi sulle risorse disponibili. Conferma fine Tasi su prima casa, anche qui con ovvia novità: basta Tasi anche per gli inquilini.