ROMA – Pensioni. Di ricongiunzioni onerose al Ministero del Lavoro nessuno vuol parlare (anche perché per cassare la legge servirebbero 2,5 miliardi di euro). Il quotidiano Libero, che ha lanciato sul tema una campagna di stampa, denuncia la “truffa”, evidenzia il caos, accusa gli “struzzi” della pensione. L’ultimo tentativo per ridurre la platea dei costretti all’onere è fallito, l’emendamento alla Legge di Stabilità proposto da Giuliano Cazzola (Pdl) è stato bocciato. Giampiero Mughini, editorialista di Libero, alza i toni: “Nessuno tocchi i miei contributi” è il titolo dell’articolo. L’attacco, sotto forma di appello personale di un contribuente vessato, ai ministri, ai professori, “agli addetti al debito pubblico”, è icasticamente irriguardoso: “Ma è possibile che vogliano ancora rompermi i coglioni?”
A prescindere dai toni, è vero che ci sono 650 mila contribuenti italiani che per ottenere l’assegno pensionistico cui credevano in buona fede di aver diritto, dovranno versare un mucchio di quattrini. O ricorrere alla totalizzazione, che però calcola la pensione con il solo metodo contributivo, dimezzando di fatto l’assegno. La norma che impediva i ricongiungimenti gratuiti è del 2010, porta la firma dell’ex ministro del Welfare Sacconi, è ispirata a criteri di equità. Ma, nonostante i giudizi sprezzanti di Mughini che giudica la legge “degna della peggiore Cgil per la quale è giusto tosare senza pietà chi è oltre il livello minimo di reddito”, è la Cgil stessa la prima a non riconoscere il principio di equità sbandierato dai promotori della norma.
Proviamo a sbrogliare la matassa. Leggiamo dal sito dell’Inps: “La ricongiunzione dei contributi è quell’istituto che permette, a chi ha posizioni assicurative in gestioni previdenziali diverse, di riunire, mediante trasferimento, tutti i periodi contributivi presso un’unica gestione, allo scopo di ottenere una sola pensione”. Dal 2010 questo trasferimento ha un costo, che può arrivare a cifre spesso indecenti. Prima questione: l’onere. In un sistema perfetto (per esempio contributivo per tutti da subito) il montante pensionistico (cioè la somma di tutti i contributi versati) dovrebbe essere uguale ai flussi previdenziali di cui godrà un pensionato: seppure uno ha versato in casse diverse, a parità di regole, il ricongiungimento dovrebbe essere gratuito.
Il problema nasce dalla circostanza che le regole erano diverse da settore a settore. Spostarsi da una previdenza all’altra poteva significare beneficiare di trattamenti più favorevoli. Bene, l’armonizzazione dei criteri pensionistici ha reso necessaria la legge 122 del 2010, la riforma Fornero ha esteso la ricongiunzione mantenendo l’onerosità. Principi di equità, quindi. Un primo esempio pratico lo smentisce. Leggiamo dal sito della Cgil: “Facciamo l’esempio di due lavoratori che hanno versato entrambi 38 anni di contributi. Uno ha avuto la fortuna di poter lavorare sempre presso lo stesso datore di lavoro. L’altro ha dovuto cambiare datore di lavoro dopo 19 anni di contribuzione versata all’INPS ed ha versato i successivi 19 anni all’INPDAP. Il primo lavoratore al compimento dell’età pensionabile avrà diritto ad un’unica pensione calcolata su 38 anni di contribuzione. Il secondo lavoratore non matura il diritto a pensione né presso l’INPS né presso l’INPDAP. Non può avvalersi della legge 322 del 1958 in quanto abrogata dalla legge 122 del 2010.
Per maturare il diritto a pensione deve necessariamente fare la ricongiunzione o presso l’INPS o presso l’INPDAP, pagando somme pesantissime. Nel caso il lavoratore non possa pagare può, come dice la Ministro avvalersi della totalizzazione che è gratuita, ma che è anche fortemente penalizzante sia per quanto riguarda i requisiti per ottenere le prestazioni sia per quanto riguarda il calcolo della pensione che viene fatto interamente con il sistema contributivo, con una perdita per il lavoratore interessato a volte anche del 50% rispetto all’importo della pensione che avrebbe avuto con il sistema retributivo“.
Non è l’unico caso, ovviamente. La ricongiunzione verso l’Inps era gratuita perché faceva accedere a trattamenti pensionistici meno favorevoli. Era onerosa per i lavoratori autonomi che migravano in Inps perché il loro fondo era meno generoso. Ci sono lavoratrici e lavoratori che hanno versato negli altri fondi o gestioni anche 19 anni di contribuzione e che per tali periodi non avranno diritto a nulla. Ci sono lavoratrici e lavoratori che vengono collocati a riposo per inabilità a proficuo lavoro e non hanno i 15 anni di contribuzione necessari per il riconoscimento dell’invalidità nel Pubblico Impiego.
I commenti sono chiusi.