Prelievo forzoso sui conti correnti: l’ombra che incombe sul governo Letta

Prelievo forzoso sui conti correnti: l'ombra che incombe sul governo Letta
Enrico Letta con Giuliano Amato (LaPresse)

ROMA – Al di là delle schermaglie sull’Imu e sull’Iva, al di là dei poco credibili progetti di spending review, al di là delle verifiche di maggioranza e delle “cabine di regia”, si staglia minacciosa l’ombra del prelievo forzoso sui conti correnti.

È lo scenario poco rassicurante che traccia Marco Palombi sul Fatto Quotidiano. Si parte dai soldi per evitare l’aumento dell’Iva e per abolire l’Imu sulla prima casa. Soldi che non si trovano, e non si troveranno, con una spending review, con un taglio delle agevolazioni fiscali, con un prelievo fiscale – dopo che la Corte Costituzionale ha bocciato sia il prelievo sugli stipendi pubblici sopra i 90 mila euro e che quello sulle pensioni d’oro.

E quindi – soprattutto se la timida ripresa degli ultimi mesi è solo un pallido sole prima di una nuova tempesta finanziaria – potrebbe giungere l’ora del prelievo forzoso sui conti correnti. Ma non per iniziativa italiana, come fece l’allora premier Giuliano Amato nel 1992, ma su iniziativa europea, come è stato fatto a Cipro:

“Poi, però, c’è anche il lato oscuro della luna lettiana. Quello in cui si lavora attorno a scenari assai più preoccupanti e, quel che è peggio, realistici. Che la recessione sia peggiore di quanto finora raccontato nei documenti ufficiali è un segreto solo per il buon Saccomanni (“prevedo una ripresa nel IV trimestre 2013”), ma in aggiunta – al Tesoro, a palazzo Chigi e in molte capitali europee – in molti vedono avvicinarsi una tempesta sui mercati stile 2011, proprio l’evento che potrebbe giustificare una nuova “cura Monti” per l’Italia. Solo che stavolta – come non si stancano di ripetere da settimane i preoccupatissimi Alesina e Giavazzi sul Corriere, un quotidiano non estraneo al mondo bancario – il tema sarà la tenuta dei nostri istituti di credito, più deboli di due anni fa e drogati da titoli di Stato che potrebbero perdere parecchio del loro valore.

Se questo è lo scenario – arricchito da una Bce a trazione tedesca che non può e non vuole fare da garante – a pagare il conto saranno i risparmi degli italiani (e/o degli altri europei).

Saccomanni e Letta hanno smentito con tanto di comunicato ufficiale – “ipotesi prive di fondamento” – e possono farlo per una ragione semplice: non saranno loro, come fece artigianalmente Giuliano Amato, a sottrarre risparmio ai correntisti, ma lo farà direttamente l’Europa.

A questo serve l’accordo raggiunto all’ultimo vertice Ecofin sui cosidetti “fallimenti ordinati” delle banche, che stabilisce nero su bianco che, in caso di bisogno, pagheranno prima azionisti, obbligazionisti e correntisti (da 100 mila euro in su) e solo dopo, forse, gli stati. Con un effetto collaterale che nel piccolo stagno della finanza italiana già preoccupa più di qualcuno: il grande risparmio si sta spostando fuori dai confini Ue, proprio come era già successo all’indomani del pasticcio a Cipro, quando i paesi europei fecero pagare la solita crisi di debito estero ai correntisti. Dopo aver smentito che lo avrebbero fatto, ovviamente”.

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