ROMA – Veleni a sinistra, affossamenti a destra. In mezzo le primarie. Quelle che il centrosinistra ha fatto e che domenica arriveranno al loro verdetto con il ballottaggio e che il centrodestra, anzi il Pdl, sembra non volere o non poter fare. Col risultato, prevedibile, di un’altra pubblica figuraccia e un altro, l’ennesimo, strappo nel partito.
A sinistra succede che a due giorni dal ballottaggio i contendenti che erano rimasti due ritornano improvvisamente cinque e che si schierino compatti quattro contro uno. L’uno è lo sfidante, il sindaco di Firenze Matteo Renzi. Gli altri 4 sono il segretario Pier Luigi Bersani, Nichi Vendola e i due comprimari della competizione, Bruno Tabacci e Laura Puppato. I quattro, si immagina ciascuno per conto suo, mercoledì comprano i giornali e sussultano. Perché in almeno tre quotidiani compare un’intera pagina che invita ad andare a votare domenica. E spiega che per farlo, anche se non si è votato al primo turno, basta mandare una email al sito internet www.domenicavoto.it.
Sito che alle 19 di giovedì funziona perfettamente e prevede una sezione (obbligatoria) in cui scrivere per quale motivo non si è andati a votare al primo turno. Eppure gli altri 4 sussultano e protestano. E lo fanno per un motivo molto semplice. La pagina, che compare tra gli altri, sulle edizioni di La Stampa, Quotdiano Nazionale e Corriere della Sera, è un’inserzione pubblicitaria a pagamento. Ovvero un qualcosa di espressamente proibito dal regolamento delle primarie. E soprattutto il sito domenicavoto è collegato ad una fondazione, la Bigbang, che sposa la causa di Renzi.
Il “veleno” dei quattro diventa così esposto per “violazione delle regole”. Non tanto e non solo per la pubblicità a pagamento, quanto per l’invito massiccio a votare al ballottaggio. Bersani non la prende benissimo e spiega: “E’ una cosa non gradevole. Bisogna stare dentro le regole: e sono quelle dei doppi turni. Non si può cambiare la platea tra un turno e l’altro. L’abbiamo applicata e condivisa con tutti. Adesso non possiamo dire vi abbiamo preso in giro. Che le regole siano cambiabili in corso d’opera l’abbiam visto troppe volte in questi anni. Non sfregiamo questa cosa meravigliosa che sono le primarie e che sono un pezzo di speranza”. Il segretario, insomma, è netto: quelli che avranno mandato soltanto una mail “non voterranno”.
Renzi, ovviamente, racconta di non aver violato nessuna regola. E sa benissimo che i quattro più di tanto non possono fare anche perché l’effetto dell’esposto, del quattro contro uno, è quell0 dell’accerchiamento, della “politica dell’apparato che si schiera compatta contro il nuovo che prova ad avanzare”. Una mossa furba, insomma. Che poi basti o che la gente che si registra riesca a votare davvero è altra questione. L’obiettivo centrato è quello di far scatenare la reazione e sopratutto di far trasparire pubblicamente una cosa semplice: Bersani, nonostante i 9 punti di vantaggio, un po’ di paura ce l’ha. E a due giorni dal voto è assai improbabile che i veleni finiscano qua.
Primarie avvelenate, insomma. Come è inevitabile visti i tempi e la posta in palio. E comunque meglio le primarie avvelenate del centrosinistra che le primarie affossate del centrodestra. Primarie immaginate, vagheggiate, annunciate con tanto di date del voto regione per regione e poi annullate dai fatti e dai mal di pancia di Berlusconi. Annullate per un fatto molto semplice: si sarebbe dovuto votare il 16 dicembre, ovvero tra poco più di due settimane e nulla, semplicemente nulla, era stato fatto nel frattempo.
L’unico ad essersi mosso per il voto, ma in “direzione ostinata e contraria” è stato proprio Berlusconi, che ha lasciato trapelare la sua intenzione, mai ufficializzata, di creare una lista parallela. Un avviso al navigante Alfano: fai le primarie e io divido in due il Pdl. Così il segretario prima ha ignorato e poi ha preso atto. Non tanto perché le primarie non si possono fare contro Berlusconi, quanto per una mera ragione di numeri. Il Cavaliere aveva dalla sua mezzo ufficio di presidenza. E il Pdl, dalle primarie, rischiava di uscire spaccato esattamente a metà.
Alla fine, a difendere la causa delle primarie “se non a dicembre almeno a gennnaio” è rimasta soltanto Giorgia Meloni. Il tutto in un salotto di Porta a Porta dove gli altri Pdllini presenti (Maria Stella Gelmini, Maurizio Lupi e Daniela Santanché con sfumature diverse rinculavano). La più contenta di tutti, manco a dirlo, era Santanché: per lei il Pdl è Berlusconi e basta.
Nell’affossamento delle primarie del centrodestra colpisce soprattutto un dettaglio: l’assenza assoluta di ufficialità. Non c’è stato nulla di ufficiale, nel Pdl: non la indicazione della data del voto, neppure quella della sua cancellazione. Ora al posto delle primarie il 16 dicembre “dovrebbe” esserci una convention. Altro condizionale, altra ipotesi ufficiosa. La sensazione, qualcosa di più, è che il Pdl navighi a vista con Berlusconi che non è più leader ma non può rassegnarsi ad essere altro e Alfano che leader vorrebbe essere ma non ci riesce. L’ultimo annuncio di Alfano è di giovedì sera: “Decideremo tutto la prossima settimana”. Ma non avevano già deciso dopo una lite fuoribonda diversi giorni fa?