Luca Montezemolo, se si presentasse alle elezioni 2013 con una sua lista, prenderebbe il 25 per cento dei voti, secondo il giudizio di Luca Ricolfi, coscienza critica, da sinistra, della sinistra italiana. Ricolfi, che è professore di psicometria all’Università di Torino, editorialista della Stampa e autore di libri, è stato intervistato da Edoardo Petti per il sito linkiesta.it.
Montezemolo, sostiene Ricolfi, “può puntare al 25 per cento, grazie a un consenso fondamentalmente trasversale”, basato, come ha detto Edoardo Petti, su quel “30 per cento di elettori che vuole la riduzione della spesa pubblica e della pressione fiscale”.
Si tratta, nota ancora Petti, di una quota di elettorato che si dichiara pronta a votare una lista autonoma dell’attuale presidente del Consiglio Mario Monti. La risposta di Ricolfi è questa: “Non so se Montezemolo tema la concorrenza del capo del governo. A mio parere il 30 per cento di Monti non è lo stesso 30 per cento di Montezemolo. Vi è un’intersezione fra i due elettorati, perché sia l’uno che l’altro sono in grado di produrre l’effetto plasil, il farmaco che fa passare nausea e mal di mare. Per il fatto di non insultare nessuno, essere gentili, conoscere le lingue, avere studiato, non aver militato in nessun partito, entrambi sono in grado di attirare milioni di voti, i voti dell’Italia benpensante”.
Tra i due, però, prosegue Ricolfi, “esiste una differenza, che stranamente nessuno nota. Monti è un ex liberale che da quando è al governo ha portato avanti una politica ancora meno liberale di quelle di Tremonti e Berlusconi. Montezemolo è un uomo d’azienda che promette di fare ciò che il Cavaliere non ha saputo fare, ossia liberare l’Italia dallo statalismo e dalle tasse. L’ex numero uno della Fiat però ha sempre parlato con grande prudenza, senza esplicitare fino in fondo le conseguenze di una politica coerentemente liberale: più posti di lavoro ma anche meno spesa pubblica. Mentre Monti, finora, è riuscito abilmente a occultare il suo effettivo profilo politico, profondamente statalista e consociativo, visto che ha puntato quasi tutte le sue carte sull’aumento del gettito e sulla pace sociale”.
L’intervista contiene altre analisi di grande interesse. Alla domanda se “Montezemolo diventerà il federatore del Pdl e del Terzo Polo o darà vita a una forza autonoma alternativa ai partiti tradizionali”, la risposta di Ricolfi è che appare “probabile che alle prossime elezioni ci sarà una lista Montezemolo, ben distinta dalle altre forze. La possibilità che questa formazione corra da sola o si allei con ciò che resta dello schieramento moderato è legata a un’ipotesi: se il centrodestra dovesse presentarsi ancora con il volto di Bossi-Berlusconi-Casini, difficilmente Montezemolo accetterà l’abbraccio mortale di simili personaggi. Un’alleanza con partiti ispirati da Bossi e da Berlusconi, infatti, creerebbe discredito e pregiudicherebbe il successo della sua lista. Quanto a un eventuale accordo con Casini, il problema sarebbe innanzitutto di immagine: difficile far passare un’idea di rottura e di cambiamento stringendo un patto con una personalità intimamente “democristiana” come Casini”.
Sul programma economico di Montezemolo, Ricolfi dice: “A giudicare dal ruolo assunto nella fondazione Italia Futura da Nicola Rossi, estensore del suo programma economico, ritengo che il motivo ispiratore della sua sfida sarà proprio la rivoluzione liberale e liberista. Tuttavia il profilo ideale del “partito di Montezemolo” rappresenta un punto ancora poco chiaro. Alcune volte sento parlare della necessità di attirare gli elettori “moderati”, in altri momenti mi capita di ascoltare appelli a favore di riforme coraggiose. Non è la stessa cosa. Anzi, per certi versi sono due obiettivi opposti. I moderati sono conservatori, i riformisti sono radicali. Montezemolo dovrà decidere se si vuole rivolgere soprattutto ai primi o ai secondi”.
Petti ricorda che quattro anni fa Ricolfi disse che era “il Pd di Veltroni a perdere più voti a favore di un ipotetico partito di Montezemolo”, ma Ricolfi replica che “da allora le cose sono molto cambiate. Nel 2007, grazie al confuso immobilismo del governo Prodi, la sinistra era più in difficoltà della destra. Oggi è il contrario. La destra, con la sua incapacità di cambiare classe dirigente, è così autolesionista che diventerà la sorgente principale del voto a Montezemolo”.
Una discesa in campo del presidente del Cavallino, riconosce Ricolfi a una domanda di Petti, potrebbe essere percepita dagli elettori del centrodestra come una riedizione del ‘94 berlusconiano, “ma solo da una parte non numerosa di quel mondo. Una delle ragioni del fallimento del progetto del “partito liberale di massa” risiede nel fatto che, nel 1994, il voto per Berlusconi fu soprattutto un voto contro la sinistra, più che una scelta consapevole per una svolta liberale nella politica economica italiana. Altrimenti gli elettori di Berlusconi si sarebbero fatti sentire di più, in questi due decenni”.
Che a Berlusconi Montezemolo faccia un po’ paura non è un mistero. Da qualche mese Berlusconi cerca di appropriarsi per poi soffocarloil progetto politico di Montezemolo, anche se con manovre abbastanza scoperte, da cui lo stesso Montezemolo, ha cercato di smarcarsi negli ultimi giorni.
Dal punto di vista di Berlusconi, Montezemolo è di certo un cavallo da “azzoppare” prima che diventi un avversario in corsa trionfale, magari supportato dall’odiata sinistra.
Non possiamo sapere quali sondaggi abbia per le mani Berlusconi, che di certo li guarda ogni giorno, come i normali consultano l’oroscopo, ma basta vedere quelli pubblicati sul sito dell’Espresso e in continuo aggiornamento per capire la portata mediatica e politica di Montezemolo.
In uno ad esempio, aperto nel 2010, si chiede chi alle elezioni del 2013 si vorrebbe vedere contrapposto proprio a Berlusconi: Montezemolo figura al primo posto delle preferenze dei lettori dell’Espresso, che sono, si presume, in prevalenza di sinistra, con 30.822 voti, staccando di gran lunga il secondo, Nichi Vendola, con 24.897 voti.