ROMA – Abbassano le tasse con i soldi degli altri: Nicola Zingaretti (Lazio). Piuttosto che tagliare l’Irap mi dimetto: Sergio Chiamparino (Piemonte). O taglio la sanità o i fondi per l’emergenza alluvioni: Enrico Rossi (Toscana). Ci tolgono i fondi che ci avevano dato a luglio: Roberto Maroni (Lombardia).
Le Regioni, o meglio i loro presidenti, vanno alla guerra contro la manovra da 36 miliardi del governo Renzi. E alla guerra, dalla stessa parte del fronte anti legge di stabilità Regioni trovano come alleati i sindacati compatti a difendere gli statali. Sindacati della pubblica amministrazione,che se la prendono contro la “televendita del presidente del Consiglio” che si risolve in “tagli lineari scellerati che colpiranno soprattutto gli statali”.
Il tempo di vedere dove Renzi avesse intenzione di prendere i soldi per le coperture ed è partita la protesta. Un coro di proteste. Governatori di destra e sinistra, renziani e di minoranza. Tutti uniti nel dire che a loro così non si può tagliare perché è insostenibile. Circa cinque miliardi è quello che il governo chiede alle regioni.
Non solo: c’è nella legge di stabilità una clausola, e anche questa fa inferocire le regioni, che questo prevede: se i soldi da tagliare non li trovano le regioni ci pensa lo Stato. E Stato si riserva il diritto di tagliare anche la spesa sanitaria.
Ma quei miliardi da tagliare in più, è opinione dei governatori tutti, renderebbero impossibile fornire servizi come sanità e cura del territorio. Assist involontario allo scontato grido di dolore dei governatori era arrivato questa mattina dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan: “Può darsi che le regioni aumentino le tasse locali”. Un modo quasi per prenderne distanza, come a dire: noi le abbassiamo le tasse, se le rialzano le regioni è colpa loro.
Deve averla interpretata così anche Nicola Zingaretti, governatore del Lazio, che attacca:
“È semplice abbassare le tasse con i soldi degli altri. Le Regioni sono chiamate ora a finanziare scelte che non abbiamo preso noi ma il governo, al raggiungimento di obiettivi di finanza pubblica dettati dall’Unione europea”
Poi ci sono i governatori che minacciano. E il tema è sempre lo stesso: il taglio alla sanità. Lo fa Enrico Rossi, governatore della Toscana:
Se si va avanti con questa politica – ha concluso – il Patto per la sanità viene meno tre volte. Non tornano i conti: nella mia regione si tratta di 400 milioni di tagli: o la sanità o bisogna azzerare gli altri servizi ed io i soldi per l’emergenza idrogeologica, per fare solo un esempio, non vorrei tagliarli…».
E lo fa anche Catiuscia Marini, governatrice dell’Umbria:
È tecnicamente impossibile prevedere questi tagli senza incidere per il 70% sulla sanità: dei 4 miliardi di tagli, 3 saranno sulla sanità. Il resto ricade sul trasporto pubblico, che si basa sulle entrate delle Regioni: non si regge tecnicamente. Con la rettifica fatta in Finanziaria non si vuole dire la verità: questi tagli sono su sanità e trasporti
I sindacati protestano compatti. Ci rimettono gli statali per colpa di tagli lineari scellerati, la loro posizione. Tutti i responsabili dei sindacati della pubblica amministrazione, Rossana Dettori, Giovanni Faverin, Giovanni Torluccio e Benedetto Attili, segretari generali di Fp-Cgil, Cisl-Fp, Uil-Fpl e Uil-pa scrivono compatti:
“La televendita del presidente del Consiglio è l’ultima prova dell’incapacità di cambiare. Dal più giovane dei governi, la più vecchia delle politiche: chi non sa riorganizzare il welfare taglia i servizi pubblici”
“Questi ulteriori 15 miliardi di tagli lineari scellerati, di cui aspettiamo quantomeno i dettagli, mettono in ginocchio i servizi pubblici, unico argine a una crisi che sta impoverendo il Paese. E il risultato sarà un’altra ondata di tasse locali. Uno spot che costerà carissimo agli italiani, un’operazione che scarica i costi della crisi economica soprattutto sugli enti locali”.
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