La firma del ministro Maroni sul decreto che darà via libera alle nuove ronde ancora non c’è. La confusione invece, regna sovrana, come le ronde vecchio stile, attive già da tempo. E, almeno in alcuni comuni, i giustizieri fai da te non hanno nessuna intenzione di sciogliersi, come previsto e imposto dalla legge.
Un caso su tutti è Treviso. Dove la sede locale della Lega ha già fatto sapere al ministro dello stesso partito che il suo decreto sarà ignorato. A parlare è Gianantonio Da Re, segretario provinciale del Carroccio: «Se il decreto sarà davvero così restrittivo come pare, stravolgendo alla radice la nostra iniziativa, vorrà dire che, se da una parte ci saranno presto le ronde istituzionali, dall’altra noi continueremo a fare le nostre in abiti borghesi, senza pettorine ma con lo stesso spirito».
Pazienza, poi, se lo “spirito” di alcuni giustizieri della notte, li porta a fregiarsi del titolo di SSS, ostentare simboli nazisti e picchiare altri rondisti di colore diverso. Con il decreto, tutto questo dovrebbe finire: stando alle dichiarazioni d’intenti di alcuni rondaioli della prima ora, l’eventualità è tutt’altro che scontata.
Cosa succederà quando rondisti istituzionali e rondisti autogestiti si incontreranno durante i pattugliamenti notturni? L’unica certezza, per ora, è il “tutti contro tutti”: leghisti contro il ministro leghista, rondisti vecchi contro rondisti nuovi, sindaci di centro destra contro il governo di centro destra e qualche sindaco di centro sinistra contro le indicazioni del centrosinistra. Ci mancavano pure le botte, che nel nostro paese non si negano a nessuno, come insegnano i fatti di Massa.
In attesa della firma di Maroni, che arriverà l’8 agosto, regna la confusione. Sui tempi di organizzazione, visto che secondo molti amministratori locali, dei nuovi pattugliamenti non si parlerà prima della fine dell’estate, e sul via libera dei comuni. Eventualità tutt’altro che scontata, anche in alcune città del profondo nord amministrate dal centro destra. Il rimedio, almeno per alcuni, sembra peggiore del male: un esempio è Trieste.
Il primo cittadino, Roberto Dipiazza, uomo del Pdl e sindaco della città da sette anni, ha ribadito il suo no. Una contrarietà espressa già a febbraio e sottolineata anche in questi ultimi giorni. Per il sindaco triestino non si può «permettere a della gente di andare per strada così: a fare cosa? A chiedere i documenti? Anche i buttafuori delle discoteche talvolta commettono errori. Figuriamoci delle persone libere che si improvvisano interpreti dei codici».
Niente ronde a Trieste, quindi, solo «sicurezza partecipata». Questo nonostante le pressioni dell’assessore regionale del Friuli Venezia Giulia alla sicurezza, la leghista Federica Seganti, che i pattugliamenti dei cittadini li vorrebbe anche sugli autobus.
Per Dipiazza, però il tema ronde non merita neppure un post sul suo blog, il luogo dove il sindaco «dialoga e risponde ai cittadini». Trieste, almeno per ora, si accontenta dei “nonni vigili” davanti alle scuole e non sembra intenzionata a raccogliere le possibilità messe a disposizione dal decreto Maroni.
Situazione diversa a Padova, dove un sindaco di centro sinistra, Flavio Zanonato, in decisa controtendenza con le posizioni del suo partito, si è detto favorevole alle ronde. Con qualche cautela dettata dall’opportunità politica e . Per il primo cittadino patavino, infatti, «non sono un toccasana» ma sono sempre meglio della situazione attuale.
Se poi le ronde diventano “solidali”, allora è anche più facile farle digerire al proprio elettorato che sembra non vederle troppo di buon occhio: «Invece di polemizzare e non far nulla, penso sia mio dovere applicare al meglio la nuova disposizione. Se segnalare i reati è obbligo di tutti, i gruppi organizzati possono dare anche notizia di problemi e situazioni di disagio, tenendosi in contatto con Croce Verde o servizi sociali. Una sorta di ronda, ma solidale».
Di certo, però, c’è la contrarietà di quasi tutti i grandi centri. Il meno diplomatico è il sindaco di Roma Gianni Alemanno, secondo cui, «le ronde non ci piacciono e non le faremo». A Firenze, Matteo Renzi vorrebbe le «sentinelle della bellezza», per strada a difendere non i cittadini, ma il patrimonio artistico. Contrarie Napoli e Torino dove già ci sono i “City angels”.
Il più complesso, però, è il caso di Milano. Letizia Moratti, infatti vorrebbe tenersi stretta i vigilantes che pattugliano la città da anni. Opportunità preclusa dal decreto che impone, di fatto, lo scioglimento delle ronde già attive, e la nuova riorganizzazione, previa autorizzazione del sindaco e del prefetto, su basi esclusivamente volontarie.
La firma sul decreto ancora non c’è, e la Moratti, sembra già intenzionata a chiedere una deroga per salvare gli “angeli” del capoluogo lombardo che per il loro “servizio” incassavano dal comune 200.000 euro annui.