Nessun mangi sottraendo tempo al lavoro, parola di ministro della Repubblica. Per Gianfranco Rotondi, infatti, «La pausa pranzo è un danno per il lavoro, ma anche per l’armonia della giornata». E’ il contributo alla Grande Riforma del paese che viene dal ministro per per l’attuazione del programma di governo, intervistato da una tv web. Sembra avere fatto proseliti la cattiva scuola di Renato Brunetta, che le spara sempre più grosse per andare sui giornali e guadagnare popolarità.
La cosa grave è che Rotondi si considera l’erede spirituale di Carlo Donat Cattin, asl punto da avere organizzato di recente un convegno degli ex di Forze nuove, la corrente, appunto, dell’ex sindacalista Cisl e ministro del Lavoro, il quale probabilmente si starà rivoltando nella tomba a sentire simili fole.
«Pausa pranzo: ritualità che blocca tutta l’Italia».
Un minimo di comprensione per il passato, però, il ministro la mostra e spiega: «Non possiamo imporre ai lavoratori quando mangiare, ma ho scoperto che le ore più produttive sono proprio quelle in cui ci si accinge a pranzare. Chiunque svolga un’attività in modo autonomo, abolirebbe la pausa pranzo».
Quindi Rotondi enuncia la sua soluzione: la pausa pranzo può continuare ad esistere ma«sarebbe meglio distribuirla in modo diverso, come avviene negli altri Paesi». Ad esempio in Germania, dove, spiega il ministro «per incentivare la produttività la pausa pranzo in alcuni posti di lavoro dura mezz’ora, mentre si estende a 45 minuti per chi lavora oltre le 9 ore. Tuttavia, secondo un recente sondaggio, un quarto dei tedeschi trascorre la propria pausa pranzo lavorando».
Chissà chi gli fa i sindaggi: provate a cercare qualcuno in un ufficio in Germania nell’intervallo di mezzogiorno (e anche dopo le 14 del venerdì) e vedrete quanti ne trovate.
Per non parlare dell’Inghilterra e della Francia, dove notoriamente pub, bistrot e ristoranti restano vuoti, deserti.
Infine il ministro snocciola i comportamenti virtuosi degli altri paesi europei: «In Inghilterra molti dipendenti vi rinunciano o la riducono, sia nei minuti che nel numero di pause nel corso dell’intera settimana. Negli ultimi due anni, infatti, si è scesi da una media di 3,5 pause a settimana del 2006 a 3,3 nel 2008. In Francia lo statuto dei lavoratori riconosce 20 minuti ogni 6 ore, mentre in America la pausa pranzo non è proprio prevista dalla legge federale ed è regolamentata autonomamente dai singoli Stati, mentre in Canada e Svezia si pranza davanti alla scrivania».
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