ROMA – L’amore di Eugenio Scalfari per Matteo Renzi è durato una settimana: è bastato a Scalfari riflettere un po’ meglio sulle oscure trame di Renzi in materia di riforme per mettere in discussione il suo assenso.
Matteo Renzi non può fare quello che vuole, se ha in mente l’abolizione del Senato, non basta una riforma a colpi di maggioranza, “se vogliono rottamare il Senato, ci vuole una Assemblea costituente”.
Eugenio Scalfari ha da poco compiuto 90 anni e da quel pinnacolo di età la visione si fa più limpida, lo sguardo va più lontano come quello di Tiresia.
Scalfari punta su Matteo Renzi, ma si percepisce un certo fastidio anche nei confronti del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che di Renzi è ormai diventato sponsor e che su Scalfari, finora, ha esercitato notevole influenza. A un certo punto Scalfari sbotta:
“È questo che volete? Ditelo e presentate al Parlamento un disegno di legge di riforma costituzionale”.
Il plurale non sembra diretto al Pd, che Renzi governa con una mano sola, né si può pensare che a Renzi Scalfari voglia accomunare Berlusconi, Denis Verdini e magari il teorico della abolizione del Senato, Licio Gelli. Ma il plurale è lì e non è majestatico né mussoliniano né tradizionale italiano: è rivolto a più di un soggetto e viene da pensare a chi regge il gioco di Renzi, Giorgio Napoltano. Un’altra ipotesi è che Scalfari unisca a Renzi i suoi più vicini collaboratori, tipo Graziano Delrio e Marianna Boschi, ma i termini con cui si riferisce loro sono talmente sprezzanti da farne dubitare:
“Ma chi li scrive questi testi? Del Rio? La Boschi?”
Sembrava, ha scritto Eugenio Scalfari nel suo editoriale di domenica 4 maggio, che Matteo Renzi
“si stesse convincendo che la sola, vera e necessaria riforma del Senato fosse quella di riservare soltanto alla Camera dei deputati il compito di dare o negare la fiducia al governo, modificando in questo modo quel bicameralismo perfetto che da sessant’anni è una palla al piede della nostra democrazia parlamentare. Per il resto il Senato sarebbe rimasto quello che era, non ridotto ad una scatola vuota, ma direttamente eletto dai cittadini e dotato di nuove e altrettanto penetranti funzioni.
Ebbene mi sbagliavo. Renzi non ha alcuna intenzione di cambiare il bicameralismo eliminando utilmente la sua “perfezione”. Di fatto vuole eliminare totalmente il bicameralismo assegnando al Senato — eletto in secondo grado dalle Regioni e dai Comuni — il compito di rappresentare gli interessi degli Enti locali e al tempo stesso di controllare i poteri che essi detengono e di dirimere i loro eventuali confitti con lo Stato centrale.
Altri eventuali poteri di questo Senato delle autonomie (come vorrebbero chiamarlo) sarebbero quelli di partecipare al “plenum” del Parlamento quando esso si riunisce per eleggere il capo dello Stato o i giudici costituzionali e per ratificare i trattati dell’Unione europea; poteri sostanzialmente irrilevanti e che il Senato in gran parte già possiede. Questa posizione ha un solo evidente significato: abolire il Senato.
È questo che volete? Ditelo e presentate al Parlamento un disegno di legge di riforma costituzionale. Se sarà approvato avremo in Italia un sistema monocamerale e la rappresentanza degli Enti locali nei loro rapporti con lo Stato sarà gestita, come già avviene, dalle Conferenze che le Regioni e i Comuni hanno con lo Stato centrale.
Certo un regime monocamerale accresce i rischi d’un potere esecutivo non più soltanto autorevole ma tendenzialmente autoritario, tanto più se si trasformasse il governo in una sorta di cancellierato.
Per evitare che il rischio divenga realtà bisognerebbe a questo punto riscrivere la Costituzione e trovare nuovi equilibri, sapendo che non si può certo farlo utilizzando l’articolo 138 della Costituzione, ma convocando una nuova Assemblea costituente. È questo che avete in mente? Non credo. Voi avete in mente di far mangiare la minestra o far saltare dalla finestra chi non la mangia. Ma questo può concepirlo un Berlusconi o un Grillo, ma non il Partito democratico.Perciò pensate bene a quel che farete; la fretta è sempre cattiva consigliera.
C’è ancora una considerazione da aggiungere sulla riforma del Senato che sarà discussa il 10 giugno, cioè dopo le elezioni europee. Nel disegno di legge che il governo ha in mente ma le cui linee sono già state ufficialmente anticipate, è previsto che i membri del Senato siano eletti dai consigli regionali e comunali. Tuttavia il risultante Senato delle autonomie dovrebbe anche avere il ruolo di “vigilante” sulla gestione degli Enti locali e sulla legislazione di loro spettanza.
Cioè: i senatori eletti dagli Enti locali debbono vigilare su quelli che li hanno eletti. Ma chi li scrive questi testi? Del Rio? La Boschi? Un Senato delle autonomie non può dunque essere eletto dalle medesime autonomie se deve non solo coordinarle ma vigilare sul loro operato legislativo e finanziario. Per la contraddizione che non lo consente. A me sembra elementare, e a lei, onorevole Renzi?”
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