ROMA – Nessuno può spiare le comunicazioni del presidente della Repubblica. E’ quello che dice la sentenza della Corte Costituzionale, depositata martedì, sul conflitto tra Napolitano e i pubblici ministeri di Palermo: “Il Presidente della Repubblica deve poter contare sulla riservatezza assoluta delle proprie comunicazioni, non in rapporto ad una specifica funzione, ma per l’efficace esercizio di tutte”.
“Le intercettazioni oggetto dell’odierno conflitto devono essere distrutte, in ogni caso, sotto il controllo del giudice, non essendo ammissibile, nè richiesto dallo stesso ricorrente, che alla distruzione proceda unilateralmente il pubblico ministero”.
Nel compiere un excursus attraverso le prerogative del Capo dello Stato, la Consulta sottolinea in sentenza che “è indispensabile che il Presidente affianchi continuamente ai propri poteri formali, espressamente previsti dalla Costituzione, un uso discreto di quello che è stato definito il ‘potere di persuasione’, essenzialmente composto di attività informali”. E “le suddette attività informali, fatte di incontri, comunicazioni e raffronti dialettici, implicano necessariamente considerazioni e giudizi parziali e provvisori da parte del Presidente e dei suoi interlocutori. Le attività di raccordo e di influenza possono e devono essere valutate e giudicate, positivamente o negativamente, in base ai loro risultati, non già in modo frammentario ed episodico, a seguito di estrapolazioni parziali ed indebite”.