Le spese “speciali” delle Regioni speciali: tutto per colpa di Ulisse…

In rosso le cinque regioni a Statuto Speciale

ROMA – Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia-Giulia, Sardegna, Sicilia: le regioni a statuto speciale, ognuna con le sue buone ragioni per sentirsi “speciale”, hanno costi che col tempo sono diventati troppo “speciali”. Lo Stato centrale è in crisi, il debito pubblico galoppa e impone ristrutturazioni con sacrifici sanguinosi per tutti i contribuenti, ma in “periferia”, nelle regioni ai confini Nord-Sud-Est e Ovest dell’Italia si continua a rivendicare il diritto di spese folli per la rappresentanza politica, le commissioni, le aziende partecipate, gli “incentivi”…

Diritto che il presidente delle Regione Sicilia motivò così in una memorabile intervista con Aldo Cazzullo: “Il primo invasore non è stato Garibaldi; è stato Ulisse. Polifemo era il povero siciliano, un pecoraio che badava al gregge e vendeva il formaggio. Ulisse arriva dal mare, sconfigge il gigante cattivo, lo acceca, lo lascia per morto, e passa pure alla storia come il civilizzatore buono”. Forse per vendicare il povero Ciclope i presidenti di una commissione dell’Ars, il parlamento siciliano, arrivano a prendere 17.476 euro netti al mese, più di quanto prende Obama. Deve essere sempre una sorta di risarcimento per il torto omerico lo stipendio di un deputato (sono 90!) dell’Ars, minimo 14.808 euro netti mensili, più di un europarlamentare.

Un difetto del siciliano, da stereotipo, è la permalosità. Quindi deve essere sempre per il maldigerito accecamento subito dal “povero pecoraio” dell’Odissea che la Regione, 5 miliardi di debito finanziario, si sente legittimata ogni anno a fare il gioco delle tre carte con i suoi conti: fare approvare un bilancio d’esercizio che prevede minori spese, salvo poi reinserirle a gestione in corso. Un gioco scoperto dalla Corte dei Conti. Un’inchiesta del Sole 24 Ore riprende le conclusioni della ragioneria dello Stato:

Il bilancio previsionale 2012 “non appare costruito in modo metodologicamente corretto. Al fine di conseguire valori migliorativi rispetto ai saldi programmati, tale documento reca improprie correzioni di stanziamenti con l’intento di ripristinare successivamente, in sede di legge finanziaria o, addirittura, nel corso della gestione, la dotazione di tali poste nella misura ritenuta adeguata”.

E’ il capogruppo siciliano del Pdl (in Sicilia è all’opposizione), Innocenzo Leontini, a spiegare al Sole 24 Ore cosa succede poi:

“Anche quest’anno il bilancio sarà approvato all’alba del primo maggio, quasi a metà dell’esercizio. Il copione è sempre lo stesso: tra agosto e settembre il presidente emana un decreto di blocco della spesa a tutti i rami dell’amministrazione e da quel momento prevale la sua attività discrezionale”. Il blocco dura fino all’approvazione del bilancio successivo. Nel frattempo i Comuni restano a secco di trasferimenti, i fornitori non vengono pagati, mentre i consulenti e gli esperti proliferano. “La Regione ne ha in carico 1.207 in tutto. L’esercizio provvisorio – dice Leontini – consente al presidente e ai suoi assessori di decidere una spesa in dodicesimi svincolata da qualsiasi criterio di programmazione”.

Dalle vendette siciliane all’autonomismo del Trentino Alto Adige. Si fanno 1.500 km, si passa da parlate quasi arabe a dialetti più che tedeschi, ma la musica per le casse dello Stato non cambia. Rovereto, provincia di Trento, trova necessario avere – con 38 mila abitanti – 7 consigli circoscrizionali. In tutti i capoluoghi sotto i 250 mila abitanti i consigli di quartiere sono stati aboliti. A Roma, per fare un confronto, sono 20. Ma Roma ha una popolazione di tre milioni. Il presidente della Regione Lorenzo Dellai ha annunciato un taglio del 25% all’indennità dei consiglieri regionali e alla sua, di presidente. Si parte però da cifre di tutto rispetto. Per fare un esempio, il presidente della provincia di Bolzano (Alto Adige) Luis Durnwalder, prende 26.708 euro lordi al mese, mentre dall’altra parte del confine italo-austriaco il suo omologo sudtirolese viene pagato 16.300 euro mensili. Scrive Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera:

E non ha torto Luis Durnwalder, se uno studio del Sole 24 ore dice che le cinque Regioni autonome spendono (sanità esclusa) 2.591 euro per abitante contro i 790 euro della media di quelle a statuto ordinario, a rispondere che “non si possono contare le pere con le mele”. È vero: le Regioni a statuto speciale devono farsi carico di molte più competenze delle altre. E spesso costosissime. Uno studio della Cgia di Mestre segnala tuttavia squilibri eccessivi. I dipendenti pubblici ogni mille abitanti sono 55,9 nelle Regioni ordinarie e 76,2, ad esempio, in Valle d’Aosta. La spesa pubblica per investimenti è nel resto della penisola di 518 euro pro capite e in Alto Adige di 2.023. Quella per l’ istruzione è di 934 euro per ogni italiano medio nei territori delle aree «normali», 1.520 in Trentino. Non c’ è tabella che non evidenzi distanze siderali fra queste due Italie. È giusto che i soldi spesi dalla Sardegna a sostegno dell’ agricoltura rispetto alla Campania, come dice uno studio ancora del Sole, siano superiori del 1.607%? Numeri pesanti.

Abolire le autonomie regionali è troppo, soprattutto quando si sta attuando da anni un graduale passaggio al federalismo. Ma chi l’autonomia ce l’ha non deve approfittarne: il sindaco di Merano non può guadagnare in proporzione 77 volte di più di quello di Roma.

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