Stadio Olimpico aperto al pubblico, Zaia: allora liberi tutti! Ragione da vendere

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 15 Aprile 2021 - 10:24 OLTRE 6 MESI FA
Stadio Olimpico aperto al pubblico, Zaia: allora liberi tutti! Ragione da vendere

Stadio Olimpico aperto al pubblico, Zaia: allora liberi tutti! Ragione da vendere (Foto Ansa)

Stadio Olimpico di Roma aperto al pubblico l’11 giugno: il calcio una data l’ha avuta, una data ce l’ha per riaprire. Solo il calcio però ha avuto il potere di farsi dare una data. Ogni altro settore di attività, ogni altro luogo di fruizione di massa, ogni altra industria o comparto che hanno bisogno di pubblico e gente questa data la invoca, la esige.

Ma solo il calcio l’ha avuta la data. E allora Luca Zaia ha ragione da vendere quando dice: se riapre al pubblico lo stadio di calcio, allora liberi tutti, liberi tutti di riaprire.

Stadio Olimpico aperto al pubblico: il ricatto della Uefa e la mal riposta soddisfazione italiana

La Uefa ha messo in atto un ricatto: o ci garantite già oggi che nei vostri stadi ci sarà il pubblico oppure le partite degli Europei le perdete e le facciamo giocare altrove. Cioè: o ci garantite oggi quanti soldi tiriamo su e quanti evitiamo di perderne restituendo (dio non voglia) i biglietti già venduti, oppure andiamo in cerca di stadi, città, paesi e governi che non la stanno a tirar tanto lunga con le misure anti contagio da Covid.

La Uefa ha comunicato che a loro, al governo del calcio europeo, frega nulla dello stadio come possibile luogo di trasmissione del virus, anzi frega nulla del virus e della pandemia, loro vendono partite di calcio e chi le vuole comprare si deve prendere il rischio dello stadio-focolaio. E lo deve fare preventivamente, due mesi prima della partita.

Deve prendersi la partita e il rischio perché due mesi prima nessuno può sapere quale sarà il rischio, forse diminuito, forse minimo, forse presente, forse massiccio. Come che sia, all’Uefa non interessa: vuoi la partita? Dammi gli spettatori paganti. Dovessero mai infettarsi, problema tuo. Questo il ricatto Uefa. La risposta italiana è stata: felici di subirlo.

Malati di calcio? No, malati di mala politica

La soddisfazione sorridente con cui l’Italia ha comunicato alla Uefa che sì, ci sta al ricatto e all’azzardo di garantire oggi per giugno non è solo del mondo del calcio italiano che comprensibilmente pensa solo a bottega. Soddisfatto il governo con Vezzali sottosegretaria che porge allo sport il dono degli Europei salvati.

Salvati, suggeriscono non pochi giornali, niente meno che dai turchi che ci volevano scippare le partite. Un paese malato di calcio, per questo il calcio ottiene primo e per ora unico la data di riapertura? No, un paese affetto da ormai congenita mala politica, la peggior politica: ognuno dia soddisfazione alla lobby che rappresenta, la peggior e più diffusa mala politica. Alla Uefa andava risposto: apriremo gli stadi non se e quando imponete voi ma quando saremo ragionevolmente certi di non far danno alla salute pubblica. Minacciate di far giocare le partite altrove?

Accomodatevi, anzi già che ci siamo se questa sarà la vostra scelta le giocate senza la Nazionale italiana, L’Uefa avrebbe mollato i toni da ricatto, la minaccia di defezione italiana per protesta contro l’indifferenza alla pandemia avrebbe coinvolto altri paesi d’Europa, mobilitato opinioni pubbliche. La Uefa avrebbe preso paura di rimetterci soldi e avrebbe assunto altri toni, tipo un doveroso e razionale: del pubblico negli stadi riparliamone a metà maggio.

Chi è nato compiacente e complice…

Ma chi, la politica italiana, è nato compiacente e complice non  può che essere complice e compiacente. Figurarsi di un ricatto che viene dal calcio. Ora però perché un teatro e un cinema no? Possono promettere anche loro un protocollo di sicurezza, perché loro non hanno una data per riaprire? E perché allo stadio di calcio il 25% della capienza e a teatri e cinema di meno? E i concerti, perché non c’è una data per riaprire i concerti al pubblico?

E le Fiere, le Fiere non hanno diritto a una data sicura? E gli altri sport, perché il calcio sì e gli altri no? Il calcio è l’unico figlio e tutti gli altri figliastri? Cedendo giulivamente al ricatto Uefa il governo ha tolto il tappo dalla vasca e defluisce in fretta ogni razionale possibilità di dire no a questa o quella o quell’altra categoria o attività.

Perfino il ristoratore…

Perfino il ristoratore che riaprirebbe, anzi alcuni lo tengono già illegalmente aperto, il suo locale anche a costo di infettare se stesso e la mamma trova in questo scenario una sua plausibilità, una sua sia pur contorta legittimità. Se vale per il calcio la favola bella e bugiarda del protocollo che annulla contagio, allora vale anche per il ristorante, il bar, la piscina, la palestra, magari domani la discoteca. 

I 15 mila allo stadio Olimpico, ordinati, distanziati, composti. Già si vedono…

Protocollo stadio: si entra distanziati, si siede distanziati, non si cambia posto, non ci si muove, non si passeggia sulle gradinate, non si fa gruppo nel muoversi e chiacchierare, non si urla se non distanziati l’uno dall’altro…Come no, già si vedono, sarà sicuramente così: 15/20 mila persone composte e silenti. Se serve una roba di questo tipo per riaprire al pubblico lo stadio di calcio una roba di questo tipo ce l’hanno tutti, a partire da ristoranti e bar.

Poi non è vero (è solo scritto) che nei bar consumare al banco in più d’uno no, non è vero che al ristorante clienti davvero e sempre distanziati e tutti sempre con la mascherina tolta solo al tavolo per mangiare, non è vero non ci siano file e gruppi sul marciapiedi davanti ai bar, non è vero che nelle piscine e palestre…

Così come non è vero che i 15-20 mila allo stadio ci andranno per starsene ognuno per conto suo. Il calcio si è procurato un protocollo su carta, un pezzo di carta. Perché per il calcio basta e per il ristorante no? Zaia ha ragione, ragione da vendere. Che lo sappia o no, il governo ha dato a tutti l’alibi per un liberi tutti, l’alibi è un pezzo di carta chiamato protocollo.