Oggi, secondo anno della legislatura iniziata nel 2008, un parlamentare della Repubblica italiana tra stipendio, indennità e rimborsi spese variamente denominati incassa a fine mese circa 17mila euro netti. A nessuno sembrano pochi, meno che mai alla pubblica opinione. E che siano troppi non è solo un’opinione della “gente”, opinione rafforzata da robuste dosi di anti parlamentarismo e anti politica variamente diffuse. Che siano troppi è anche un fatto, statisticamente riscontrabile se solo si raffrontano queste retribuzioni con quelle dei parlamentari degli altri Stati europei: i nostri guidano la classifica dei guadagni. Ma non è stato sempre così, qualcosa è successo a un certo punto, ad una certa data della storia e della società italiane.
Era il 1948, la Repubblica italiana era giovanissima e i parlamentari guadagnavano 1964 euro al mese. Allora l’euro non c’era ovviamente ma la cifra si deduce paragonando il potere di acquisto che le lire di allora in busta paga dei parlamentari avevano rispetto alla moneta in euro nel 2006. Se ne è persa la memoria e la misura ma poco meno di duemila euro al mese era la paga onesta e addirittura spartana dei parlamentari quando la Repubblica era poco più che neonata. Eppure erano quelli i parlamentari che fecero la Costituzione, che aiutarono a ricostruire il paese, duemila euro al mese era lo stipendio di De Gasperi, Togliatti, Nenni…
Passano cinque anni, siamo nel 1953 e la situazione non si modifica sostanzialmente: in quell’anno lo stipendio e la paga complessiva del parlamentare arrivano a 3440 euro al mese. Val la pena di ripetere: significa, calcoli e compensazioni alla mano, che nel 1953 un parlamentare guadagnava tanto quanto un parlamentare del 2006 retribuito con 3440 euro al mese. Stipendio non proprio impiegatizio ma quasi, stipendio che qualunque professionista, per non dire manager del 2006, avrebbe giudicato per se stesso improponibile.
Altri cinque anni, è il 1958 e i parlamentari guadagnano 3818 euro, cioè guadagnano l’equivalente in potere d’acquisto di 3818 euro nel 2006. Paga onesta, paga quasi magra per i quasi mille legislatori. La Repubblica ha più di un decennio di vita e paga i suoi parlamentari in una quantità che nessuno potrebbe giudicare esagerata, tutt’altro.
Cinque anni ancora, nel 1963 la “paga” del parlamentare sale a 4868 euro tutto compreso. L’incremento c’è ma è minimo. Agli inizi degli anni sessanta la paga del parlamentare non è più “operaia” e neanche “impiegatizia”, ma certo non è nè abbondante nè tanto meno scandalosa. Per giudicare ricordate sempre che sono 4868 euro del 2006. Quattro anni fa avreste giudicato meno di cinquemila euro al mese una paga da scandalo?
Nel 1966 accade qualcosa: la paga del parlamentare sale a 7002 euro. E’ un salto di qualità: la retribuzione arriva a livello dirigenziale e manageriale. Settemila euro netti al mese (parametro 2006) sono quanto onestamente si può pensare che un parlamentare debba guadagnare. Per venti anni i parlamentari sono stati pagati poco, dopo venti anni sono pagati il giusto. E va avanti così più o meno per altri venti anni: nel 1986 la paga del parlamentare è di 7756 euro (parametro potere d’acquisto del 2006).
Poi, nel 1991 parte il terzo ventennio, quello della paga smodata. Nel 1991 la paga del parlamentare è di 13.484 euro. E’ raddoppiata, raddoppio secco perchè il parametro, il 2006, è sempre lo stesso. Che anno era il 1991? Era, prima coincidenza, casuale o forse no, l’anno in cui cominciava l’espansione enorme del debito pubblico italiano. I governi e i Parlamenti che abituavano l’Italia a vivere a debito, che stabilivano un “patto sociale” in cui era previsto e accettato che il lavoro autonomo pagasse la metà delle tasse dovute, che i dipendenti pubblici lavorassero poco in cambio di poco salario, che si potesse andare in pensione con il 90 per cento dello stipendio e con anni di contributi “figurativi”, insomma i governi e i Parlamenti che portavano il debito pubblico italiano dal 50/60 per cento del Pil al cento e passa per cento erano gli stessi governi e Parlamenti che si raddoppiavano la paga.
E dal 1991 ad oggi, nel terzo ventennio appunto, la paga del parlamentare è rimasta abbondante ed eccessiva: nel 2006 era di 15.706 euro mensili netti, oggi è ancora più alta, fino a quota 17mila.
Tre fasi, tre tempi della storia italiana, ciascuno lungo circa venti anni. E per ciascuno una diversa paga del parlamentare. Una piccola storia che ricorda cose dimenticate fino quasi ad apparire impossibili: i politici pagati poco, i politici pagati il giusto…
Adesso il Pd, sconfitto alle elezioni e in cerca disperata di “identità”, sta preparando una proposta di legge per diminuire la paga del parlamentare del 20/30 per cento. Ogni scetticismo è legittimo sull’esito finale di questa proposta di legge. Difficile, molto difficile che trovi una maggioranza in Parlamento. Ma non è solo “colpa” dei 951 tra deputati e senatori eletto, o meglio nominati dai partiti vista la vigente legge elettorale. La storia in tre tempi della paga del politico italiano insegna che ogni società si ritrova i parlamentari che in fondo vuole e si merita, con relativa paga: povera, onesta od obesa.
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