ROMA – Il governo Monti promette: tagli agli stipendi dei “super manager” pubblici il prima possibile. Le commissioni Affari costituzionali e Lavoro della Camera hanno detto sì al tetto agli stipendi dei manager della Pubblica amministrazione e affermato che il taglio delle retribuzioni più alte andrà applicato da subito. Con un emendamento al decreto semplificazioni il tetto verrà esteso ad authority ed enti locali. La Lega ha votato contro.
La Lega ha votato contro perché, spiega il deputato Massimiliano Fedriga, ”il parere prevede la possibilità di deroghe e così riapre ogni argine”. Renato Brunetta (Pdl) e Gianclaudio Bressa (Pd), spiegano al contrario che è stato modificata in senso restrittivo la proposta di parere presentata ieri dai relatori.
In particolare, si è previsto che il taglio degli stipendi più alti entri in vigore fin da subito. Inoltre, constatato che la norma attualmente non riguarda tutti i dirigenti pubblici, i deputati hanno annunciato che si interverrà per via parlamentare, con un emendamento dei relatori al decreto Semplificazioni, per allargare il tetto retributivo agli enti statali adesso esclusi, alle Authority e anche agli enti locali, con un’indicazione alle Regioni di uniformarsi alla norma statale.
Le Camere affermano inoltre che il governo potrà decidere se derogare in alcuni casi limitati al tetto, ”unicamente per le posizioni di più alto livello di responsabilità”. Il tetto retributivo, commisurato a quello del primo presidente della Corte di Cassazione, è di circa 300 mila euro. Il ministero ha indicato che attualmente si attesta sui 294 mila euro lordi.
”Inderogabili esigenze di contenimento della spesa” pubblica. Questa la motivazione indicata dal governo a sostegno dell’entrata in vigore immediata del tetto agli stipendi dei manager pubblici, superando cosi’ anche il divieto di ‘reformatio in peius’ che esiste in via generale per i contratti in corso.
Le commissioni della Camera nel parere approvato oggi hanno fatto proprie le ragioni del governo, condividendo la posizione sull’applicabilita’ immediata del taglio agli stipendi piu’ alti. ”Le Commissioni prendono atto di quanto dichiarato dal Governo durante il dibattito, in ordine al fatto che non vi sarebbero ostacoli a una immediata applicazione” del tetto retributivo, ”in quanto – si legge nel parere – in presenza di inderogabili esigenze di contenimento della spesa, si potrebbe legittimamente incidere, senza alcuna gradualita’ e senza operare alcuna differenziazione, in ordine alla natura delle retribuzioni erogate su trattamenti retributivi in corso”.
Le commissioni di Montecitorio aggiungono pero’ una postilla. ”Ritengono, in ogni caso, che vada evitato il rischio che un intervento immediato determini un contenzioso di tale ampiezza per l’entita’ delle somme in questione, che potrebbe generare un costo cosi’ elevato da contraddire o vanificare l’obiettivo di razionalizzazione e di contenimento della spesa cui mira la disciplina in esame”. ”Andrebbero in particolare valutate con attenzione – affermano le commissioni – le attivita’ lavorative stabili, esclusive e continuative, fondate sull’incardinamento del personale nell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni e, dunque, su livelli retributivi tabellari e di base”. Nessun problema di applicabilita’, invece, con riferimento agli stipendi cumulati.
Una postilla, questa, che secondo Gianclaudio Bressa (Pd) e Renato Brunetta (Pdl) non modifica nella sostanza la posizione del Parlamento, favorevole all’applicazione immediata. Ma sembra mettere in guardia dal rischio di contenzioso che il principio generale della ‘reformatio in peius’ puo’ provocare in alcuni casi.