ROMA – Giuliano Amato, Francesco Rutelli, Pier Ferdinando Casini o mister X? Sul nome del prossimo Presidente della Repubblica nessuno per ora scopre le carte, specialmente il premier Matteo Renzi. Non che i nomi non ci siano sia chiaro, anche lo stesso Renzi certamente ne avrà da proporre, ma per ora si gioca a coperte coperte aspettando che arrivi martedì, quando cominceranno le consultazioni coi suoi del Pd, con la minoranza del Pd, poi ancora con Forza Italia. In attesa di una risposta da parte anche di M5S. I nomi di Giuliano Amato e di Francesco Rutelli sono quelli che negli ultimi 2 giorni stanno circolando più costantemente, ma mentre il primo potrebbe avere più consensi anche da Forza Italia e dagli alfaniani, il secondo ha più ostacoli da superare, proprio a destra.
Il problema di Renzi però è come attraversare indenne le prime tre votazioni prima di scoprire alla quarta, dove serve la maggioranza semplice, la carta finora tenuta segreta. Il clima all’interno del Pd resta teso, per questo Renzi ha cercato di nuovo l’interlocuzione privilegiata con l’ex segretario Bersani (“scegliamo insieme un nome condiviso”). Ma la minoranza Pd, con la sponda dei dissidenti di Forza Italia (i fittiani) potrebbe votare subito Amato per costringere Renzi a mettere in campo da subito un candidato forte, e non solo di bandiera (Forza Italia, specularmente a Renzi darà l’indicazione di votare Antonio Martino).
Francesco Verderami per il Corriere della Sera spiega perchè il nome di Amato è un’ipotesi tutt’altro che improbabile:
Nella lista di Berlusconi c’è (anche) il nome di Amato. Nella lista di Alfano – che è la stessa di Berlusconi – c’è (anche) il nome di Amato. Nella lista di Bersani c’è (anche) il nome di Amato. Napolitano spinge per Amato. D’Alema dice Amato. Ma Amato sta nella lista di Renzi? È questo il punto, perché in passato, con un candidato così sponsorizzato, la corsa al Colle sarebbe finita al primo giro. Invece il premier – che prima del varo dell’Italicum al Senato non scioglierà la riserva – sta trasformando la corsa al Colle in un thriller. Renzi vive il nome di Amato come un assedio ed è evidente il tentativo di trovare una via di fuga. Da settimane gli interlocutori provano a interpretarne i segnali, azzardando pronostici sul quirinabile di suo gradimento. «Il fatto è – ha raccontato Bersani dopo averlo visto – che Matteo si comporta come un pokerista. Sta lì, inizia a sciorinare una lunga lista di nomi, e intanto ti scruta per vedere quali sono le tue reazioni».
E Rutelli? A lanciare il suo nome è stato Il Giornale, secondo cui sarebbe lui il mister X nella saccoccia di Matteo Renzi, elencando anche alcuni motivi per cui l’ex sindaco di Roma potrebbe essere uno dei papabili:
Primo: l’ex sindaco di Roma è da tempo fuori dal giro che conta e questo al momento è un requisito che vale come un bonus. Anzi: doppio bonus. Dopo aver lasciato nel 2009 il Pd, l’ex «Cicciobello» si è perso tra i cespugli dei centristi convinti di diventare foresta e rimasti invece tali. Nel 2013 non si è candidato nemmeno per il Parlamento da cui, a partire dal 1983, anno della sua prima elezione nelle file radicali, era mancato soltanto nell’epoca in cui aveva di meglio da fare: il sindaco a Roma. A proposito, su di lui grava ancora lo stigma di aver fallito la corsa a un terzo mandato al Campidoglio nel 2008, quando perse al ballottaggio contro Gianni Alemanno consegnando Roma al centrodestra. Ma l’uomo è capace e paziente: si è ripulito e ha acquisito un’allure istituzionale facendo (ottimamente) il presidente del Copasir e assumendo il ruolo di capitano non giocatore di una certa area politica cattosinistrorsa che ancora lo rimpiange come «il miglior sindaco di Roma degli ultimi vent’anni». Non un gran vanto, a giudicare dai successori. Ma tant’è, Rutelli è perfetto per non scontentare nessuno.
Secondo: Rutelli può dirsi renziano ad honorem senza mai essersi sporcato le mani con la Leopolda e con il Pd alla fiorentina. È stato in qualche modo lo scopritore (lui preferisce dire talent scout) dell’attuale premier, da cui si fece accompagnare in un viaggio negli Usa, nel 2008, per incontrare Hillary Clinton: «Ho capito che poteva dare un grande contributo, l’ho sostenuto, ho scommesso su di lui», raccontò poi. E di formazione rutelliana sono due esponenti di spicco del governo Renzi: il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, uno che l’ex sindaco di Roma lo ha eletto anche a modello di stile; e Dario Franceschini, ai Beni Culturali, che negli anni della Margherita fu il coordinatore della sua segreteria. Senza parlare del fatto che tra gli spin doctor di Renzi ci sono almeno altri due ex collaboratori di Rutelli: Filippo Sensi e Luca Lotti. E che molte altre figure rappresentative del renzismo abbiano una storia di contiguità, vicinanza, assonanza con il canuto politico romano.
Terzo: Rutelli sembra fatto apposta per mettere d’accordo Renzi e Berlusconi (e naturalmente anche i centristi di governo) e sedurre anche qualche scheggia impazzita.
Quarto: Rutelli è bello, elegante, giovane per il ruolo (60 anni), moderatamente carismatico, esperto, «piacione» (parola che di fatto fu modellata su di lui), abbastanza noto all’estero, esperto, istituzionale il giusto. Uno di lotta e di salotto. È il grande vecchio più giovane della politica italiana. Ha anche una moglie, la giornalista Barbara Palombelli, di bella presenza. E poi ha la sua idea per il Quirinale, esposta tempo fa in una lettera a un quotidiano: trasformarlo in un museo, riducendo lo spazio a disposizione del presidente.
Secondo Alberto Gentili del Messaggero però l’ipotesi di Giuliano Amato è vista da Renzi come una jattura:
“Renzi sa bene che corre il rischio di trovarsi schiacciato da una possibile tenaglia sinistra Pd-Forza Italia, che potrebbe puntare, suo malgrado, su Giuliano Amato”.
C’è poi un altro nome che spunta, quello di Pier Ferdinando Casini. Lo fa il Messaggero, lo fa anche Il Giornale di Berlusconi, asserendo
che si tratterebbe di una scelta, una “ideuzza”, ispirata da Angela Merkel, il cancelliere tedesco:
“Un uomo che risponde ai seguenti requisiti: non di sinistra, centrista, eurocompatibile, tutt’altro che avventurista”.
Sul nome di Casini, chiosa Alberto Gentili, si troverebbe
“la convergenza tra i democratici su un candidato estraneo ai due schieramenti su cui trovare un accordo trasversale”.
Matteo Renzi, per quel poco che si può dare credito a un principe della bugia come lui, ha detto ai suoi intimi:
“Non aspettatevi grosse sorprese, i nomi sono sempre gli stessi…”,
cioè, per Alberto Gentili: Sergio Mattarella, Pier Carlo Padoan, Anna Finocchiaro, Luigi Zanda, Sergio Chiamparino che,
“sostiene qualcuno, Renzi avrebbe fatto a Berlusconi riscontrando interesse. Più difficile invece che punti sugli ex segretari Veltroni, Franceschini, Fassino, Bersani: «Proporne uno, vorrebbe dire scatenare il verminaio dei veti incrociati delle correnti», spiegano al Nazareno.
In realtà l’unica cosa certa è che Matteo Renzi non ha alcuna intenzione di sottoporre a Berlusconi una “rosa di nomi”:
“Non commetterò gli errori del passato. Il nome del prossimo Presidente lo sceglierà e lo indicherà il Pd. Perciò non presenteremo rose, faremo un nome secco. Altrimenti finisce come l’altra volta che il candidato l’hanno scelto gli altri e avete visto com’è finita…”
con chiaro il riferimento al tragico errore di Pier Luigi Bersani, all’epoca segretario del Pd,
“che, nell’aprile del 2013, andò da Silvio Berlusconi con una terna di candidati permettendo al leader di Forza Italia di indicare Franco Marini, poi bocciato dal Parlamento”.
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