All’interno del consiglio di amministrazione dell’Eni non sono stati sollevati dubbi e perplessità, nè tantomeno sono emerse divisioni, sul gasdotto South Stream, una delle architravi su cui è stata imbastita quella politica energetica italo-russa che, continuano a confermare le rivelazioni di Wikileaks, non piace per niente agli Stati Uniti. ”Non c’è nulla di tutto questo” ha detto l’amministratore delegato, Paolo Scaroni, in riferimento alle ricostruzioni apparse qualche settimana fa sul Corriere che parlavano di un atteggiamento molto cauto all’interno del Cda su South Stream per via di una redditività non ancora chiara e per il fatto che l’infrastruttura aumenterà la dipendenza energetica dell’Italia dalla Russia.
Scaroni, che non è andato ad Astana per il vertice dell’Osce, ha continuato invece a non commentare le rivelazioni di Wikileaks su tutto quanto riguarda la politica energetica italiana – dalla preoccupazione Usa per l’asse Italia-Russia attraverso l’alleanza tra Eni e Gazprom, all’ipotesi di indebiti profitti al premier Silvio Berlusconi dagli accordi nel gas, fino alle voci che il gruppo petrolifero abbia giornalisti a libro paga. ”Figuratevi se parlo di queste cose – ha tagliato corto – non esiste proprio”. Per South Stream, che gli Usa criticano perche’ aumentera’ la dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia (e dunque l’influenza politica di Mosca), Scaroni ha previsto ancora ”6-7 mesi” di lavoro prima ”di definire le caratteristiche tecniche dell’opera”.
Sui costi del gasdotto, saliti nelle previsioni di Gazprom a 15,5 miliardi di euro rispetto ai 10 miliardi stimati inizialmente, il manager ha negato che la cifra ”sia lievitata” almeno per quanto riguarda il tratto offshore (quello che unira’ la sponda bulgara e quella russa del Mar Nero). ”Ho sempre detto – ha spiegato – che il budget del nostro tratto, quello che attraversa il mare (e di cui Eni e’ responsabile, ndr), sara’ intorno ai 10 miliardi di euro. Da questo punto di vista la cifra non e’ lievitata”. Le stime di Gazprom quantificano proprio in 10 miliardi il costo della parte marittima e in 5,5 miliardi quella terrestre.
”E’ sempre una cifra molto spannometrica, perche’ non abbiamo ancora fatto la progettazione – ha comunque aggiunto – Prima e’ difficile stabilire quanto costera’ l’opera”. Scaroni, che ha confermato lo stop alla cessione da parte dell’Eni di Adriatica Idrocarburi a Gas Plus (le trattative riprenderanno ”quando ci sara’ piu’ chiarezza” sul quadro normativo), non ha risparmiato qualche critica al governo del Kazakhstan. ”Fa molte dichiarazioni, ogni tanto sono un po’ confuso” ha replicato alla richiesta di un commento alla minaccia del primo ministro kazako di rivedere le condizioni per lo sfruttamento del giacimento del Kashagan se l’estrazione di petrolio non dovesse partire nel 2012.