Dopo i negoziati sul disarmo delle testate nucleari, ecco quelli per il cyber-disarmo. Stati Uniti e Russia hanno aperto il dialogo per auto-limitare questa nuova forma di guerra: l’uso di internet a scopi militari, la guerra sul web per paralizzare l’avversario, accecarne le comunicazioni. Una pirateria sempre più diffusa, anche da parte degli eserciti e dei servizi di spionaggio delle grandi potenze.
Tra gli episodi più recenti: la Georgia e alcuni paesi baltici negli ultimi anni hanno accusato proprio Mosca di aver orchestrato il “caos informatico” attraverso attacchi su internet ai propri siti governativi. In America i siti del Pentagono sono stati più volte violati da hacker cinesi, che secondo Washington sono dei tecnici dell’Esercito Popolare di Liberazione.
Eppure sotto l’Amministrazione Bush sono stati proprio gli americani i più riluttanti ad aprire un negoziato formale per il “disarmo concertato” su internet. Le cose sono cambiate dopo che Barack Obama ha ordinato una revisione delle politiche di sicurezza nazionale relative all’uso di internet.
Ora il New York Times rivela che il 12 novembre una delegazione russa guidata dal generale Vladislav Sherstyuk, vicesegretario dell’Agenzia di sicurezza nazionale, è stato in visita a Washington per un colloquio ai massimi livelli su questo tema. E a fine novembre la delegazione americana a Ginevra, dove ha sede il comitato Onu sul disarmo, ha accettato di aprire la discussione sugli usi militari di internet.
Lo scopo sarebbe quello di arrivare alla firma di un accordo sul modello Start, il trattato sulla limitazione delle armi strategiche. Il dialogo tra le due potenze su questo terreno proseguirà a gennaio alle Nazioni Unite.
E’ risaputo che molti eserciti – oltre a quello americano, russo e cinese, anche potenze militari “regionali” come Israele o la Corea del Nord – stanno investendo da anni nello sviluppo di strategie offensive che fanno uso di internet. Queste includono l’uso di “bombe logiche”, catene di virus programmati per scattare all’improvviso su vasta scala, con effetti paralizzanti sui siti governativi ma anche su strutture private come le centrali nucleari, le reti elettriche, i computer bancari, le comunicazioni dei controllori di volo. Un anno fa un attacco di cyber-pirati cinesi arrivò a penetrare in profondità in diversi computer dei dirigenti del dipartimento della Difesa Usa.
Ma c’è una certa reticenza americana nell’aprire i negoziati su questo terreno, per via di un retroscena politico. A Washington si teme che nei limiti all’uso offensivo di internet, Mosca e Pechino vogliano anche introdurre delle barriere contro gli “hacker del dissenso”, pirati che aggrediscono le barriere della censura locale per diffondere informazioni ”sovversive” e idee proibite.
I commenti sono chiusi.