WASHINGTON – Elezioni Usa 2016, gli ultimi sondaggi danno la candidata democratica Hillary Clinton in vantaggio, dopo le difficoltà degli ultimi giorni seguite alle nuove indagini dell’Fbi sull‘emailgate. Ma sarebbe ancora lontano il numero magico dei 270 grandi elettori per la ex segretaria di Stato.
Il sondaggio finale prima delle presidenziali dell’8 novembre condotto da Fox News su base nazionale conferma il vantaggio di quattro punti percentuali per la candidata democratica, un vantaggio registrato anche da altri rilevamenti diffusi in queste ore. Secondo Fox, Clinton guida la corsa per la Casa Bianca con il 48% dei consensi, mentre il candidato repubblicano Donald Trump è al 44%, il candidato libertario Gary Johnson è al 3% e la candidata per i Verdi, Jill Stein, al 2%.
Anche nella gara a due Clinton-Trump la distanza è di 48% a 44%. Il precedente sondaggio diffuso da Fox News lo scorso venerdì dava Hillary in vantaggio di due punti percentuali nella corsa a a quattro mentre di un solo punto nella competizione a due con il tycoon.
Stessi risultati anche da una media dei sondaggi, come sottolinea il sito specializzato RealClearPolitics: Hillary Clinton è avanti di 2,5 punti percentuali: 46,8% contro il 44,3% di Trump. La candidata però non ha ancora raggiunto il ‘magic number’ dei 270 grandi elettori necessari per la Casa Bianca. Anzi, quelli sicuri scendono a 203. Salgono a 171 infatti quelli ancora in gioco, aggiungendosi agli Stati in bilico (i cosiddetti swing States) anche il New Mexico con la sua dote di 5 grandi elettori. Trump resta fermo a quota 164.
A Clinton basterà conquistare 67 grandi elettori per raggiungere la soglia dei 270 necessari: vincendo Florida e Pennsylvania, dove è in leggero vantaggio, sarebbe fatta. Mentre per Trump l’impresa è molto più difficile: dovrebbe vincere molti più stati in bilico. Tutto dipenderà appunto da come andranno le cose nei 15 Stati in cui l’esito del voto è ancora incerto, quelli in cui la differenza tra i due candidati nella media dei sondaggi è inferiore al 5%. Assegnando gli Stati in bilico a chi, Stato per Stato, è attualmente in vantaggio, la Clinton avrebbe vinto, arrivando a 301 grandi elettori contro i 237 di Trump.
LA LOTTA NEL PARTITO REPUBBLICANO – Se i sondaggi verranno confermati dal voto di martedì 8 novembre, all’interno del partito repubblicano si scatenerà con tutta probabilità una durissima lotta. Secondo quanto sottolineato da alcuni osservatori Usa, lo scenario peggiore sarebbe quello di una sconfitta del miliardario per soli pochi punti. In questo caso, spiegano, ci sarebbero numerose recriminazioni tra chi ha sostenuto Trump (come il leader del Grand Old Party, Reince Preibus), chi lo ha tenuto a distanza (come lo speaker della Camera, Paul Ryan) e chi lo ha rifiutato del tutto (come l’ex candidato alle primarie e governatore dell’Ohio John Kasich).
“Siamo in un vicolo cieco – dice Tim Miller, direttore della comunicazione durante l’amministrazione Bush. Questa è una coalizione molto fragile”. Già nei mesi scorsi la retorica populista del re del mattone ha creato una profonda fattura all’interno del partito repubblicano, e pare che anche dopo la fine della campagna elettorale sarà difficile riuscire ad unificare il Grand Old Party.
“Ci saranno importanti implicazioni, oggi l’ambiente politico è estremamente esplosivo”, spiega Mark Sanford, deputato repubblicano per la South Carolina. “Sono molto preoccupato, cosa faremo dopo l’8 novembre? Abbiamo già visto una guerra civile nel partito, e temo andrà sempre peggio”, conclude invece Al Cardenas, ex capo dell’American Conservative Union e vicino agli ex candidati alle primarie Marco Rubio e Jeb Bush.