GOLFO DELLA SIRTE, LIBIA – Le forze speciali italiane stanno aiutando l’esercito libico nella guerra contro l’Isis. E a Sirte le milizie sono riuscite a riprendere il controllo del complesso di Ouagadougou, il quartier generale dell’Isis. L’annuncio è arrivato dalle stesse milizie libiche via Twitter: “E’ l’ora della vittoria…Allah u Akbar”, scrivono.
Nelle prime notizie che erano state fatte filtrare in mattinata con un articolo di Vincenzo Nigro su Repubblica, si parlava di un aiuto “pacifico”, non combattente degli italiani, degli inglesi e degli americani: i nostri corpi speciali aiutano i libici essenzialmente nello sminamento.
L’articolo di Repubblica arriva dopo quello del Washington Post che aveva parlato di forze americane sul campo, con i libici e contro l’Isis. Entrambi gli articoli, alla notizia della presenza di forze speciali in Libia accompagnano quella di una svolta positiva nella difficile battaglia della Sirte, con la riconquista del Ouagadougou, che per due anni è stato il quartier generale dello Stato Islamico a Sirte.
Secondo il Washington Post sarebbero almeno 8 i raid lanciati l’8 agosto contro postazioni dell’Isis per un totale di 28 azioni dall’inizio dell’operazione il primo agosto. Ma le forze speciali Usa stanno fornendo anche aiuto diretto, sul terreno, alle forze che combattono l’Isis.
È la prima volta che ciò accade, come sottolinea il Washington Post che cita fonti americane e libiche. Si tratta, dice il giornale, di un piccolo numero di militari, che si sarebbero uniti alle forze britanniche sul campo. Intanto, lo scontro politico si fa sempre più duro. Il governo di Tobruk ha chiesto la sostituzione dell’inviato Onu Martin Kobler con una “figura più efficiente e neutrale”, mentre il sottosegretario agli Esteri, Vincenzo Amendola in missione oggi a Tripoli ha ribadito il sostegno del governo italiano al governo di Sarraj.
Amendola – riferisce la Farnesina – ha discusso con i suoi interlocutori del rafforzamento della collaborazione bilaterale e dell’avvio di iniziative concrete di sostegno da parte italiana, a partire dal cruciale settore umanitario e dell’assistenza ai feriti nella lotta contro Daesh.
Intanto l’Egitto è tornato al centro degli appuntamenti diplomatici con l’incontro tra il ministro degli Esteri del Cairo ed il vicepresidente del Consiglio presidenziale di Sarraj: in discussione, l’applicazione dell’accordo raggiunto a dicembre in Marocco. I “raid di precisione contro Daesh sono stati effettuati su richiesta del governo di unità nazionale libico” e hanno colpito “numerose postazioni di combattimento nemiche”, scrive il sito Africa Command Usa. Nei primi sette giorni gli attacchi aerei hanno preso di mira per lo più carri armati Isis e mezzi blindati, depositi di munizioni mobili e lanciarazzi. Ma – scrivono alcuni media locali – per contrastare il fuoco aereo i combattenti islamici hanno cambiato tattica nascondendo i loro veicoli militari o cercando di rimanere fuori dal raggio di azione dei caccia e droni statunitensi. A trarre vantaggio dal martellamento quasi ininterrotto del fuoco americano sono invece le milizie – sia sul piano psicologico che tattico – che si vedono aprire nuovi varchi strategici fra le rovine della città per poi colpire i fondamentalisti.
La campagna per la liberazione di Sirte si è comunque rivelata più complicata del previsto. Lanciata ad inizio maggio dalle milizie provenienti in gran numero da Misurata, a giugno ha segnato una svolta con la conquista di alcuni quartieri e del porto. Nei loro bollettini giornalieri i miliziani hanno annunciato a più riprese che Sirte stava per cadere. Esperti non escludono che le forze libiche possano aver sottovalutato la resistenza dell’Isis che, sebbene accerchiato, mantiene ancora il controllo di alcune zone strategiche. Questa la versione di Nigro su Repubblica:
I racconti sembrano convincenti: i soldati italiani hanno portato a Misurata e Sirte gli equipaggiamenti per sminare, e stanno lavorando sul terreno con i libici. “Grazie, ci state aiutando! Sappiamo che sono arrivati i vostri soldati che ci addestrano a rimuovere le mine, con gli equipaggiamenti e le protezioni per gli uomini”. Un comandante conferma la notizia, ma aggiunge: “Le forze speciali non vogliono vedere i giornalisti. Ci siete voi insieme a inglesi e americani, preferiscono lavorare in silenzio”.
Che forze speciali italiane fossero presenti in Libia era una notizia mai confermata dal governo, ma vera. Gli uomini dell’Esercito sono stati schierati prima a Tripoli per creare un nucleo di sicurezza per gli agenti dell’Aise, i servizi segreti, durante le missioni più delicate. Poi le forze speciali sarebbero passate da Benina, la base aerea del generale Haftar nell’Est del paese. E infine sono arrivati a Misurata. Dove sembra perfino che i militari britannici avessero chiesto ai libici di poter rimanere soli a lavorare con le brigate di Misurata, assieme agli americani che da giorni guidano gli attacchi aerei della Us Air Force e pilotano da terra i piccoli droni tattici che a Sirte servono a scoprire i nascondigli dell’Is. Una fonte della Difesa a Roma conferma che in Libia sono in azione nostre forze speciali, ma non vuole commentare nessuna delle operazioni in cui sono impegnate.
Il ruolo degli italiani nella guerra alle mine è davvero benedetto dai libici. La battaglia di Sirte è iniziata in maggio, adesso è entrata nella fase finale, ma Misurata è stremata. Più di 300 morti, 3.000 i feriti. I soldati della città-martire della rivoluzione contro Gheddafi sentono di combattere da soli contro i terroristi dello Stato Islamico. E i raid americani sono ancora troppo pochi, solo 28 da inizio agosto.