LONDRA – Tony Blair, l’ex premier britannico laburista, lascerà a breve la guida del Quartetto per il Medio Oriente formato da Usa, Ue, Russia e Cina, visti i pochi risultati ottenuti in otto anni e i rapporti sempre più difficili con i protagonisti della crisi mediorientale. L’indiscrezione, raccolta dalla Ap in Israele, è stata poi confermata alla Bbc dall’entourage dell’ex inquilino di Downing Street.
Le ragioni sono molteplici e non si tratta in realtà proprio di una sorpresa. In particolare, le relazioni tra Blair e i vertici dell’Autorità palestinese erano diventate pessime, oltre al fatto che i risultati ottenuti in otto anni di negoziati sono vicini allo zero. Anzi le cose sono forse peggiorate, soprattutto negli ultimi mesi. Oggi pomeriggio, lo stesso portavoce dell’Onu Stephane Dujarric, confermando che il Palazzo di Vetro stava aspettando da un momento all’altro di ricevere il messaggio con le sue dimissioni, ha risposto ai giornalisti con un laconico e non proprio simpatico: “i risultati ottenuti parlano da soli”.
E non sono più teneri i commenti che arrivano dall’Olp: “Ci aspettavamo le dimissioni. Blair ha lavorato su alcuni problemi minori legati all’economia, ma l’impatto che ha avuto nella risoluzione del conflitto è stato minimo”, ha detto Hanan Ashrawi. Analogo giudizio da parte di Mustafa’ Barghouti della stessa organizzazione: “Le dimissioni non hanno nessun significato e onestamente sono arrivate troppo tardi”, ha tagliato corto.
Ma non finisce qui. Gli Stati Uniti, e anche l’Ue a Bruxelles, hanno spesso criticato l’ex premier per le consulenze offerte, in cambio di cifre non proprio irrisorie, a regimi discutibili come quelli del Kazakhstan o del Vietnam, o anche per i legami con i fondi di Abu Dhabi o la PetroSaudi controllata dalla famiglia reale saudita. In Gran Bretagna, sia Blair sia la moglie Cherie, sono finiti nel mirino della stampa – e non solo degli implacabili tabloid – per lo stile di vita lussuoso e i lauti guadagni frutto delle loro attività pubbliche e private. Ha colpito e non favorevolmente lo stile non proprio sobrio da inviato: delegazioni pletoriche, alberghi di lusso, uffici smisurati, anche se è vero che l’ex premier non ha chiesto nessun compenso per guidare il Quartetto. Le dimissioni di Blair – ormai diventate quindi inevitabili – da inviato speciale per il Quartetto saranno effettive alla fine di giugno, ha annunciato il suo entourage, confermando che l’ex premier ha scritto una lettera al segretario generale dell’Onu Ban ki-Moon. Il primo ad evocare le dimissioni di Blair era stato il Financial Times a metà marzo, quando il quotidiano aveva parlato delle perplessità dello stesso ex premier ormai convinto che un suo ruolo in prima linea non aveva più nessun senso visti i risultati.
Blair ne aveva parlato con il segretario di Stato Usa John Kerry e con la responsabile per la diplomazia europea Federica Mogherini, per capire come avrebbe potuto continuare a lavorare per il Medio Oriente, sotto un’altra veste. Che le cose stessero prendendo una brutta piega s’era intuito già a febbraio: Blair non era stato invitato ad una riunione ministeriale a Monaco di Baviera. Ed e’ anche vero che l’Ue aveva smesso di finanziarlo già nel 2012. Blair era stato scelto nel 2007, poco dopo aver servito da premier in Gb per circa 10 anni e essere stato criticato da più parti, almeno in Europa, per il suo appoggio alla guerra in Iraq capeggiata dall’allora presidente degli Stati Uniti George W. Bush. Alla Bbc fonti a lui vicine hanno confermato che intende lasciare dopo aver adempiuto tutti i suoi impegni, ma l’ex inquilino di Downing Street intende “rimanere attivo su questi argomenti e nella regione”, in quanto resta “pienamente impegnato ad assistere la comunità internazionale nel suo lavoro con Israele e i palestinesi per ottenere progressi verso la soluzione a due Stati”. Blair è però convinto che il miglior modo di appoggiare questi sforzi sia “di lavorare con i protagonisti regionali chiave, gli Usa, l’Ue e gli altri, senza più rivestire nessun ruolo formale”. Ma chissà se, a questo punto, i protagonisti lo chiameranno di nuovo: probabilmente no.