Due nomine di quelle fatte di recente da Papa Francesco hanno provocato qualche controversia e qualche naso arricciato. Fa parte della piccolissima schiera di quelli che non le hanno accolte estasiati Sandro Magister, per anni corrispondente vaticano del settimanale Espresso e oggi autore di un sito, Chiesa.it e di un blog, Settimo Cielo, che fanno parte della scuderia di siti di Espresso – Repubblica e che sono letti dalle massime autorità religiose di tutto il mondo e di tutte le fedi.
Si diceva che Papa Benedetto tutte le mattine ne avesse una copia stampata sulla scrivania. Non si sa ancora se Papa Francesco abbia mantenuto la consuetudine, ma è probabile che il suo nome, da vescovo argentino, fosse tra quelli dei sottoscrittori della newsletter.
Che Sandro Magister eserciti una certa influenza e goda di un certo rispetto in Vaticano lo conferma anche il fatto che, alcuni anni fa, ci fu un vescovo di grande immagine e spolvero internazionale che cercò anche di fargli chiudere il sito. A onore di chi difese Magister, invano.
I due personaggi con cui se la è di recente presa Sandro Magister sono Francesca Immacolata Chaouqui e monsignor Battista Ricca.
I due casi non sono confrontabili, è evidente, ma li collega l’impressione che le scelte di Papa Francesco non siano tutte di quelle ponderate cui la Chiesa ci ha abituato da un paio di mille anni, magari sbagliando, ma dopo attenta riflessione. Qui sembra invece che il desiderio di fare vedere che si cambia tutto porti a una fretta che, come si sa, non sempre è buona consigliera.
Francesca Immacolata Chaouqui, scrive Sandro Magister,
“ha 30 anni, è nata in Calabria, si presenta così nella sua pagina su Twitter (vedi foto): “Vivo come se non avessi più tempo, amo, sorrido sempre, ogni tanto m’arrabbio, di notte scrivo. Felice”.
“Sempre su Twitter ha commentato entusiasta la sua nomina: “Il mio cuore, la mia fede, il mio impegno, la mia professionalità a servizio della Chiesa e del Santo Padre. Sempre”.
“Non con il Papa, ma con il vescovo della diocesi calabrese di Rossano-Cariati, ha però avuto di recente un botta e risposta polemico.
“Il 27 maggio il “Corriere della Sera” ha pubblicato una sua lunga lettera. Sull’onda dell’omicidio di una giovanissima, avvenuto a Corigliano, Francesca Chaouqui tratteggiava della Calabria un profilo nerissimo, intriso di vizi atavici e opprimente soprattutto per le donne che vi abitano: una terra dalla quale le donne avrebbero solo da scappar via, come lei – scrive – ha già fatto.
“Le ha risposto tre giorni dopo sempre sul “Corriere”, con un’altra lunga lettera, il vescovo di Rossano-Cariati, Santo Marcianò: “Non conosco Francesca Chaouqui, né so quanto ella ha nel cuore e quale sia la sua esperienza, che in ogni caso rispetto. Ma non riconosco nelle sue parole quella che a me pare la verità profonda di questa terra e della sua gente. […] Sì, è vero: più che in altre parti d’Italia sono pochi quelli che restano, bisogna spesso emigrare per affermarsi, per trovare lavoro, non di rado per studiare. Ed è questa la piaga grande del Sud. Ma se i nostri giovani conquistano un ruolo fuori dal loro ambiente non è perché cambiano laddove arrivano ma perché portano lì ciò che sono e quanto hanno ricevuto qui, in questa terra che è la loro terra”.
“La prima riunione della neonata commissione pontificia è in programma dopo il ritorno del papa dal Brasile.
“Più che in Calabria, c’è da aspettarsi che Francesca Chaouqui creerà grattacapi in Vaticano, visto che cosa fa scrivere su Dagospia, di cui è informatrice assidua per quanto riguarda il “gossip” e i veleni curiali”.
La foto della giovane Chaouqui che circola in rete non è certo quella che ci si aspetta per una persona dentro i misteri del Vaticano: sembra quella di una aspirante a un provino o una foto tessera venuta male.
Commenta sconsolato Sandro Magister:
“Gli addetti e gli esperti di comunicazione in Vaticano non si contano più. Oltre a padre Federico Lombardi e all’elefantiaco quanto vacuo pontificio consiglio per le comunicazioni sociali, in segreteria di Stato hanno chiamato l’anno scorso un giornalista americano a fare non si capisce bene che cosa, allo IOR c’è da qualche mese un addetto stampa tedesco, al pontificio consiglio della cultura c’è un giornalista che fa da spalla al cardinale Ravasi, e ora anche tra gli otto membri della neonata pontificia commissione sull’organizzazione della struttura economico-amministrativa della Santa Sede, istituita il 18 luglio da papa Francesco con un chirografo, tra gli specialisti di economia, finanza e diritto fa capolino una esperta di comunicazione aziendale”.
Più duro è l’attacco a monsignor Battista Ricca, fin dal titolo:
“Il prelato della lobby gay. Fatti e personaggi dello scandaloso passato dell’uomo che Francesco, ignaro, ha delegato a rappresentarlo nello IOR. Ecco come vive e prospera in Vaticano un potere parallelo che trama ai danni del Papa”.
Scrive Sandro Magister:
“Nella curia si parla di ‘lobby gay’. Ed è vero, c’è. Vediamo cosa possiamo fare”, disse Francesco il 6 giugno a dei religiosi latinoamericani ricevuti in udienza.
“E ancora: “Non è facile. Qui ci sono molti ‘padroni’ del papa e con molta anzianità di servizio”, ha confidato qualche giorno fa all’amico argentino ed ex alunno Jorge Milia.
“Effettivamente, alcuni di questi “padroni” hanno tramato ai danni di Jorge Mario Bergoglio il più crudele e subdolo inganno da quando è stato eletto Papa.
“L’hanno tenuto all’oscuro delle rilevanti informazioni che, se da lui conosciute per tempo, l’avrebbero trattenuto dal nominare monsignor Battista Ricca “prelato” dell’Istituto per le Opere di Religione.
“Con questa nomina, resa pubblica il 15 giugno, Francesco intendeva collocare all’interno dello IOR una persona di sua fiducia in un ruolo chiave. Col potere di accedere a tutti gli atti e documenti e di assistere a tutte le riunioni sia della commissione cardinalizia di vigilanza, sia del consiglio di sovrintendenza, cioè del board della disastrata “banca” vaticana. Insomma, col compito di farvi pulizia.
“Ricca, 57 anni, originario della diocesi di Brescia, proviene dalla carriera diplomatica. Ha prestato servizio per quindici di anni in nunziature di vari paesi, prima di essere richiamato in Vaticano, in segreteria di Stato. Ma ha conquistato la fiducia di Bergoglio in un’altra veste, inizialmente come direttore della residenza di via della Scrofa nella quale l’arcivescovo di Buenos Aires alloggiava durante le sue visite a Roma, e ora anche come direttore della Domus Sanctæ Marthæ nella quale Francesco ha scelto di abitare da papa.
“Prima della nomina, a Francesco era stato fatto vedere, come è consuetudine, il fascicolo personale riguardante Ricca, dove non aveva trovato nulla di disdicevole. Aveva anche ascoltato varie personalità della curia e nessuna aveva sollevato obiezioni.
“Appena una settimana dopo aver nominato il “prelato”, però, negli stessi giorni in cui incontrava i nunzi apostolici convenuti a Roma da tutto il mondo, il Papa è venuto a conoscenza, da più fonti, di trascorsi di Ricca a lui fin lì ignoti e tali da recare seri danni allo stesso Papa e alla sua opera di riforma.
“Dolore per essere stato tenuto all’oscuro di fatti tanto gravi e volontà di rimediare alla nomina da lui compiuta, sia pure non definitiva ma “ad interim”: sono stati questi i sentimenti espressi da papa Francesco una volta conosciuti questi fatti”.
È quello che gli inglesi definiscono educated guess.
Prosegue Sandro Magister:
“Il buco nero, nella storia personale di Ricca, è il periodo da lui trascorso in Uruguay, a Montevideo, sulla sponda nord del Rio de la Plata, di fronte a Buenos Aires.
“Ricca arrivò in questa nunziatura nel 1999, quando il mandato del nunzio Francesco De Nittis volgeva al termine. In precedenza aveva prestato servizio nelle missioni diplomatiche del Congo, dell’Algeria, della Colombia e infine della Svizzera.
“Qui, a Berna, aveva stretto amicizia con un capitano dell’esercito svizzero, Patrick Haari. I due arrivarono in Uruguay assieme. E Ricca chiese che anche al suo amico fossero dati un ruolo e un alloggio nella nunziatura.
“Il nunzio respinse la richiesta. Ma pochi mesi dopo andò in pensione e Ricca, rimasto come incaricato d’affari “ad interim” in attesa del nuovo nunzio, assegnò l’alloggio in nunziatura a Haari, con regolare assunzione e stipendio.
“In Vaticano lasciarono fare. All’epoca, in segreteria di Stato era sostituto per gli affari generali Giovanni Battista Re, futuro cardinale, anche lui originario della diocesi di Brescia.
“L’intimità di rapporti tra Ricca e Haari era così scoperta da scandalizzare numerosi vescovi, preti e laici di quel piccolo paese sudamericano, non ultime le suore che accudivano alla nunziatura.
“Anche il nuovo nunzio, il polacco Janusz Bolonek, arrivato a Montevideo all’inizio del 2000, trovò subito intollerabile quel “ménage” e ne informò le autorità vaticane, insistendo più volte con Haari perché se ne andasse. Ma inutilmente, dati i legami di questi con Ricca.
“Nei primi mesi del 2001 Ricca incappò in più di un incidente per la sua condotta sconsiderata. Un giorno, recatosi come già altre volte – nonostante gli avvertimenti ricevuti – in Bulevar Artigas, in un locale di incontri tra omosessuali, fu picchiato e dovette chiamare in aiuto dei sacerdoti per essere riportato in nunziatura, con il volto tumefatto.
“Nell’agosto dello stesso 2001, altro incidente. In piena notte l’ascensore della nunziatura si bloccò e di prima mattina dovettero accorrere i pompieri. I quali trovarono imprigionato nella cabina, assieme a monsignor Ricca, un giovane che le autorità di polizia identificarono.
“Il nunzio Bolonek chiese l’immediato allontanamento di Ricca dalla nunziatura e il licenziamento di Haari. E ottenne il via libera dal segretario di Stato, cardinale Angelo Sodano.
“Ricca, pur recalcitrante, fu trasferito alla nunziatura di Trinidad e Tobago, dove rimase fino al 2004. Anche lì entrando in urto col nunzio. Per essere infine richiamato in Vaticano e tolto dal servizio diplomatico sul campo.
“Quanto a Haari, all’atto di lasciare la nunziatura pretese che dei suoi bauli fossero inviati in Vaticano come bagaglio diplomatico, all’indirizzo di monsignor Ricca. Il nunzio Bolonek rifiutò e i bauli finirono depositati in un edificio esterno alla nunziatura. Dove rimasero per qualche anno, fino a che, da Roma, Ricca disse di non voler più avere a che fare con essi.
“Una volta aperti i bauli per eliminarne il contenuto – come deciso dal nunzio Bolonek – vi furono trovate una pistola, consegnata alle autorità uruguayane, e, oltre agli effetti personali, una quantità ingente di preservativi e di materiale pornografico.
“In Uruguay i fatti sopra riferiti sono noti a decine di persone: vescovi, sacerdoti, religiose, laici. Senza contare le autorità civili, dalle forze di sicurezza ai vigili del fuoco. Molte di queste persone hanno avuto di quei fatti un’esperienza diretta, in vari momenti.
“Ma anche in Vaticano c’è chi ne è a conoscenza. Il nunzio dell’epoca, Bolonek, si è sempre espresso con severità nei confronti di Ricca, nel riferire a Roma.
“In Vaticano c’è chi ha promosso attivamente una operazione di copertura. Frenando le indagini dall’epoca dei fatti ad oggi. Occultando i rapporti del nunzio. Tenendo immacolato il fascicolo personale di Ricca. In tal modo ha agevolato allo stesso Ricca una nuova prestigiosa carriera.
“Dopo il suo ritorno a Roma, il monsignore è stato inquadrato nel personale diplomatico in servizio presso la segreteria di Stato: inizialmente, dal 2005, nella prima sezione, quella degli affari generali, poi, dal 2008, nella seconda sezione, quella dei rapporti con gli Stati, e poi di nuovo, dal 2012, nella prima sezione, con una qualifica di alto livello, quella di consigliere di nunziatura di prima classe.
“Tra i compiti che gli sono stati assegnati c’è stato il controllo delle spese delle nunziature. È anche da ciò è nata quella fama di incorruttibile moralizzatore che gli è stata assegnata dai media di tutto il mondo, alla notizia della sua nomina a “prelato” dello IOR.
“In più, a partire dal 2006, è stata affidata a monsignor Ricca la direzione prima di una, poi di due e infine di tre residenze per cardinali, vescovi e sacerdoti in visita a Roma, tra cui quella di Santa Marta. E questo gli ha consentito di tessere una fitta rete di relazioni con i più alti gradi della gerarchia cattolica di tutto il mondo.
“La nomina a “prelato” dello IOR è stata per Ricca il coronamento di questa sua seconda carriera.
“Ma è stata anche l’inizio della fine. Per le tante persone rette che sapevano dei suoi trascorsi scandalosi, la notizia della promozione è stata motivo di estrema amarezza, ancor più acuta perché vista gravida di danni per l’ardua impresa che papa Francesco ha in corso d’opera, di purificazione della Chiesa e di riforma della curia romana.
“Per questo alcuni hanno ritenuto doveroso dire al papa la verità. Sicuri che ne trarrà le decisioni conseguenti”.
Se in teoria per la Chiesa l’omosessualità vale il doppio della lussuria, l’esperienza ha dimostrato che a pagare negli ultimi tempi sono stati i sacerdoti che hanno dato scandalo per i loro rapporti con donne, mentre i preti pedofili hanno trovato una certa comprensione nelle gerarchie intermedie e anche nello stesso Papa Giovanni Paolo che tutto piegava alla lotta al comunismo.
Il tema chiave è quello del celibato. Se siete moderni e un po’ di sinistra, cosa che non risulta Papa Francesco sia, dovete accettare l’equivalenza nelle coppie, eterosessuali e omosessuali. Ma per il principio del celibato, che un sacerdote violi il voto con una donna o con un uomo cambia poco e costituisce una grave colpa e fonte di scandalo. Poco conta il fatto che la Chiesa continui con il quasi dogma del celibato è una delle cause principali di crisi delle vocazioni.
Gli articoli di Sandro Magister hanno fornito spunto a Caterina Maniaci per un articolo su Libero, intitolato:
“Il retroscena Lo strano silenzio sulle accuse a monsignor Ricca. Articoli sulla presunta omosessualità del prelato che dovrebbe «ripulire» lo Ior. Nel mirino finisce anche la commissaria Chaouqui”.
Svolgimento:
“Lo scandalo di cui ha parlato ampiamente L’Espresso nel suo ultimo numero, lo scandalo che coinvolgerebbe monsignor Battista Ricca, nominato prelato allo Ior, continua ad agitare le acque Oltretevere, e non solo. E nel mirino finisce anche un’altra nomina papale che ha fatto molto parlare, ossia quella di Francesca Chaouqui, giovane manager della comunicazione, nella commissione appena nominata che si dovrà occupare delle questioni economico- amministrative della Santa Sede.
“Il punto è che sulla vicenda si stanno creando due scuole di pensiero, per così dire: ci sono quelli che pensano che un simile scandalo sarebbe stato creato ad arte per offuscare l’operato di monsignor Ricca, anzi per vanificare ogni suo sforzo di «ripulitura» dell’Istituto, così come espressamente richiesto da papa Francesco, il quale non crederebbe alle accuse rivolte al prelato. Ci sono invece coloro che sostengono che la vita del monsignore in questione era ampiamente chiacchierata da anni, che esistono testimonianze precise su questi fatti, che quindi Sandro Magister, il vaticanista di grande esperienza che ha scritto l’articolo, si è scrupolosamente documentato, prima di affrontare la delicata vicenda”.
Il quesito centrale è sempre lo stesso:
“Il Papa è stato o non è stato adeguatamente informato sulla questione? E se lo è stato, come intende affrontare il caso? Rimuoverà il monsignore? Non si tratta di perplessità di poco conto. Secondo L’Espresso la potente lobby gay presente in Vaticano starebbe coprendo quanto si sa della vita personale di monsignor Ricca e senza che Bergoglio sapesse qualcosa: sì, perché papa Francesco – che si è proposto come elemento di innovazione e drastico cambiamento rispetto al passato – gli ha affidato quell’importante incarico presso lo Ior, ma non sapeva nulla della vita dell’uomo”.
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