Il Papa Benedetto XVI, parlando come ogni domenica all’ora dell’Angelus, ha detto una cosa giusta dal punto di vista della Chiesa cattolica, ma molto grave dal punto di vista di uno stato organizzato: “Intransigenti con il peccato, anche il nostro”, ma “indulgenti con le persone”: è stata la massima esposta dal Papa.
Sono parole cristiane, e ciascuno, nel suo privato, fa bene ad attenervisi, anche se non crede, perché è un sano principio etico di convivenza civile. Ma, proprio per la ” contraddizion che nol consente” di Dante, è un concetto che una società organizzata non può accettare.
Nè lo ha accettato la Chiesa nei secoli passati, quando era anche uno Stato con un ampio territorio nell’Italia centrale, e continua a non accettarlo ora, c’è da scommettere, per chi commetta nei crimini nel suo pur limitato e santo territorio.
Sentite da orecchi italiani e peggio ancora a Roma, dove ogni chiesa promette all’ingresso l’indulgenza plenaria quotidiana, sono parole molto dannose.
Dette dal Papa, all’indomani della lettera da lui stesso scritta sullo scandalo della pedofilia che ha travolto la Chiesa in Irlanda, sono parole che vogliono semplicemente dire che una volta chiesto perdono la Chiesa non farà più nulla, come hagià fatto negli anni passati e in particolare proprio su indicazioni dello stesso Ratzinger quando era cardinale.
Prendendo spunto dal brano evangelico dell’adultera, e della famosa frase di Cristo, ‘chi è senza peccato lanci la prima pietra’, Ratzinger ha esortato ad imparare “dal Signore Gesù a non giudicare e a non condannare il prossimo”: “Impariamo ad essere intransigenti con il peccato, a partire dal nostro!, e indulgenti con le persone”.
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